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junior alla pari

sabato 24 luglio 2010

Come leggere?



Il libro è morto? Viva il libro”.Riflessioni al margine di un libro a venire

Leggere un libro su monitor, kindle, iPad, è un’abitudine entrata a far parte del nostro vivere quotidiano. Chi di voi non ha mai scaricato e letto un testo in PDF? Chi non ha mai letto un articolo, una rivista, un bando da una Gazzetta Ufficiale? Finché l’utilizzo era limitato allo sporadico e a file gratuitamente disponibili in rete, nessuno sembrava preoccuparsi. Oggi però qualcosa è cambiato

134

Luciano Pagano

Scritto a parole è così: centotrentaquattro. Un numero che suo malgrado segnerà una tappa nella storia dell’editoria, così come il 1455 entrò a far parte di questa storia per essere l’anno in cui fu stampata la Bibbia a caratteri mobili di Gutenberg. Spieghiamo meglio. 134 è il numero di ebook che sono stati acquistati negli ultimi tre mesi su Amazon.com contro 100 copie dello stesso libro su formato cartaceo. Ogni 100 copie di un ‘hardcover’ (così si chiama la prima edizione a copertina rigida di un libro) sono state acquistate 134 copie dello stesso libro su formato digitale, leggibile con un computer o meglio ancora con un Kindle, il lettore di ebook creato e commercializzato dalla stessa Amazon. La notizia non ha fatto tremare più di tanto gli editori europei, abituati a rivoluzioni lente e assimilazioni fisiologiche delle novità.
Eppure il dato è importante, specie se si considera che oramai leggere un libro su monitor, kindle, iPad, è un’abitudine entrata a far parte del nostro vivere quotidiano. Chi di voi non ha mai scaricato e letto un testo in PDF? Chi non ha mai letto un articolo, una rivista, un bando da una Gazzetta Ufficiale? Finché l’utilizzo era limitato allo sporadico e a file gratuitamente disponibili in rete, nessuno sembrava preoccuparsi. Oggi però qualcosa è cambiato.
Da tre mesi, su Amazon.com, per ogni 100 lettori tradizionali ci sono 134 neo-lettori che acquistano un libro appena uscito in versione digitale. Ciò vuol dire che gli americani si sono dimostrati ricettivi nei confronti di una rivoluzione culturale che cambierà l’editoria. Cerco di focalizzare qui alcuni punti che depongono a favore di questo fenomeno.

Lo “schermo” e l'ipertesto

Tanto per cominciare la maggior parte delle persone, soprattutto le nuove generazioni, è abituata a trascorrere molto tempo davanti a uno schermo. Che si tratti di un televisore, dello schermo di un palmare, del monitor di un computer o, per spingersi oltre, un iPod, iPhone o iPad che dir si voglia. Ciò significa che leggere un testo in video per qualche decina di minuti non è un’azione inconsueta come poteva sembrare, ad esempio, una quindicina di anni fa. Inoltre i browser e i programmi di videoscrittura ci hanno oramai abituati alla logica degli ipertesti. Il libro tradizionale racchiude al suo interno una selva di rimandi che il lettore può rendere vitali grazie alla propria esperienza, alla cultura e alla sensibilità. Se avessi letto “Delitto e castigo” a otto anni non avrei mai potuto ‘comprenderlo’. Allo stesso tempo non potrei comprendere un’opera come “Arcipelago Gulag” di Solženicyn a prescindere dal contesto storico nel quale è stata concepita.

L’ebook, il libro elettronico, regala immediatamente e a chiunque la possibilità di accedere al testo e all’ipertesto, con la stessa rapidità di accesso del libro tradizionale a chi sia, però, uno studioso. In più la possibilità di disporre di un vasto catalogo, potendoci letteralmente spostare con appresso la nostra libreria, farà di questo oggetto un medium vincente.

Computer “nuvola”

A questo punto vorrei invitare a una riflessione ulteriore. Di recente Microsoft, la casa produttrice di due tra i software più utilizzati al mondo, ovvero sia Windows e Office, sta puntando le sue energie e i suoi investimenti nel settore del Cloud Computing (cloud = nuvola = immateriale). In poche parole in un futuro che è già presente i computer anziché essere equipaggiati da tutta una serie di programmi cui siamo abituati, quali word processor, fogli elettronici, database, non avrà altro che il programma che serve per navigare in rete, ovvero il browser, assieme al cuore del sistema operativo, ciò che basta per accendere un computer e usarlo da subito. I programmi saranno collocati su un server remoto e da lì basterà accedere a tutte le potenzialità con una tecnologia più ‘leggera’. Si tratta di una tecnologia che esiste già da qualche anno grazie a Google Document. Faccio un esempio. Questo articolo è stato creato, scritto e salvato senza l’utilizzo di nessun Word (o software affine) installato sul mio pc, ma solo collegandomi al mio ‘account’ personale di Google. Se applicassimo la logica del Cloud Computing ai libri otterremmo che questi ultimi (anche le nuove pubblicazioni), un giorno, potranno essere consultati e letti con un lettore (Kindle, Computer, iPad etc.) senza nemmeno il bisogno di scaricarli, senza cioè ‘possederli’. Basterà una password di accesso al sito dell’editore per avere la possibilità di leggere il titolo che desideriamo, apporre dei segnalibri, sfogliare quante volte vogliamo il testo da dovunque noi siamo, a prescindere dal mezzo che stiamo utilizzando per navigare, come se il libro non fosse altro che la pagina di un sito accessibile a pagamento. Ciò costituirebbe una rivoluzione del mezzo che si accosterebbe a una rivoluzione dello stesso concetto di proprietà intellettuale.

Nell'immateriale

Non stiamo parlando di futuro, ciò che ho appena scritto è quanto già si può fare con milioni di titoli e riviste presenti su Google Books (tutte le annate di Life, come anche l’archivio storico del Corriere della Sera è online). Per non parlare dei siti di biblioteche francesi o tedesche che hanno già digitalizzato e messo a disposizione innumerevoli manoscritti e codici miniati. Immaginiamo quindi uno scenario attuale nel quale il libro vincitore del prossimo Premio Strega, ad esempio, sarà consultabile direttamente online, pagandone l’accesso e ricevendo una password utilizzabile quando vogliamo, un po’ come se si trattasse del tesserino magnetico di una biblioteca.

Niente libri, niente hard-disk supercapienti da migliaia di terabyte, solo sapere immateriale e immediatamente accessibile. Un po’ come è accaduto con i lettori dvd, che oggi possono essere acquistati a un prezzo di qualche decina di euro superiore al supporto che viene in essi riprodotto, il dvd. Nessuna proprietà estesa a oggetti, ma solo licenze d’uso; sostanzialmente un avvicinamento delle logiche del software a quella che è la modalità di utilizzo dell’opera d’ingegno, fino a poco tempo fa quasi sempre localizzata sul supporto cartaceo di un libro. D’altronde la dicotomia libro-opera non è di molto simile a quella tra software e hardware?

Ci avviciniamo al giorno in cui i lettori di ebook consumeranno poco, saranno maneggevoli, permetteranno di leggere un patrimonio accessibile online, a prescindere che si tratti di un libro acquistato oppure no, e nel frattempo c’è chi continuerà ad acquistare libri per il gusto di leggere e possedere un’opera che sia univocamente legata all’oggetto che la contiene. Il mondo sarà forse popolato da foucaultiani archeologi del sapere, in visita a biblioteche storiche? Ma questa è soltanto una delle sfide che attendono l’editoria al varco del prossimo futuro.

Ciao editore...

La seconda rivoluzione si chiama ‘self-publishing’ (autopubblicazione) e pubblicazione on-demand (trad. ‘su richiesta’). “Lulu” è il nome del sito americano, famoso almeno quanto Amazon.com, che da la possibilità a chiunque di pubblicare e mettere in vendita il proprio libro, realizzato in modo impeccabile. In Italia il sito specializzato che è cresciuto di più negli ultimi due anni è IlMioLibro.it. Ebbene, quest’ultimo ha di recente siglato un accordo con il circuito di librerie e punti vendita Feltrinelli che prevede, tramite il pagamento di un abbonamento annuale, la possibilità di mettere in vendita il proprio libro nel circuito più importante di librerie presente in Italia. Quello che deve fare un autore è semplice, dopo avere scritto e impaginato il libro basta caricare il proprio testo online sul sito, metterlo in vendita e usufruire dell’abbonamento. Dopodiché un lettore che voglia acquistare il libro ha davanti a sé tre scelte. La prima, più semplice, di acquistare il libro online, facendosene recapitare una copia cartacea a casa. La seconda, in linea con quanto scritto sinora, è quella di acquistare a un prezzo di poco inferiore l’ebook dell’opera. La terza, affascinante, è quella di entrare in una libreria Feltrinelli e ordinare il libro che verrà stampato su richiesta e inviato nel punto vendita in due/tre giorni, gli stessi tempi che ci vogliono per far arrivare in libreria un testo già edito da un editore.

Come vedete questa rivoluzione impone riflessioni non solo al sistema editoriale ma anche a quello della distribuzione, centrando sull’autore la possibilità di veicolare la propria opera, e sul suo essere più o meno noto e seguito da un certo numero di lettori. In Italia i Wu Ming sono stati pionieri di questo nuovo sistema editoriale. La loro esperienza è interessante come ‘caso’ anche perché i Wu Ming hanno sempre puntato sulla trasparenza, anche commerciale, delle loro progettualità editoriali. Di recente hanno divulgato il numero di scaricamenti che sono stati effettuati dei loro romanzi. La cosa che si nota subito, cifre alla mano, è la caduta dello spauracchio di ogni editore vecchio-stampo, ovvero sia il terrore che le persone scaricando il libro non vadano a comprare il libro. Le due cose non sono in contrasto, chi legge il libro scaricato desidera proseguire o affiancare la lettura sul supporto cartaceo, “senza spina” come direbbe il mio editore, Cosimo Lupo. Per restare nel nostro ambito cito l’esperienza di Musicaos.it, la rivista elettronica che ho fondato nel 2004 insieme a Stefano Donno e sulla quale pubblicammo ben tre romanzi elettronici, i quali ebbero diverse migliaia di scaricamenti, oltre che un certo riscontro sulla stampa, cartacea e web. Per chi voglia approfondire le implicazioni di questo discorso e del diritto d’autore, suggerisco invece l’acquisto di un libro proprio da Lulu. Il testo si intitola “Perché abolire la SIAE”, l’autore è Salvatore Primiceri, che oltre a essere uno scrittore è anche un editore (Voilier Edizioni).

A ciascuno le sue riflessioni, da questo angolo di mondo chiamato Italia, e nella fattispecie Salento, in cui l’editoria e l’artigianato del libro hanno raggiunto vette superbe e continuano a sfornare opere pregevoli. La mia opinione è che i due strumenti, il nuovo e il tradizionale, si affiancheranno per diversi anni, e non per mancanza di prontezza nella ricezione del nuovo, bensì per una scaltrezza propria di ogni lettore, nel prendere il meglio da ogni ambito.

Gli editori e il mercato potranno dettare tutte le regole, come sempre, ma al lettore spetterà l’ultima parola.

venerdì 2 luglio 2010

Il “digital storytelling” - Le narrazioni digitali

Corrado Petrucco e Marina De Rossi
Narrare con il digital storytelling a scuola e nelle organizzazioni
Carocci (collana Le Bussole).
Storie di vita!

Rinfranca raccontarsi, “esserci” in un tempo in cui la “nebbia” mass-mediale confonde i contorni d'ognuno diventa terapia, cura all'inedia, al “no” che spesso induce a comportamenti spersonalizzanti.
Attraverso la narrazione, utilizzando i linguaggi multimediali, si può cercare di promuovere progetti per educare e formare in modo nuovo, prestando attenzione alle storie che ogni persona, adulto o bambino, vorrà condividere.
Il termine “digital storytelling” si deve a Joe Lambert e Dana Atchley che negli anni '90 realizzarono un sistema interattivo multimediale all’interno di una performance teatrale dove su di un largo schermo sullo sfondo mostrava immagini e filmati di storie di vita.
Il gruppo di artisti, educatori e professionisti della comunicazione che via via si costituì attorno a loro è riuscito negli anni ad allargare i campi di intervento del “digital storytelling” a molti contesti che spaziano dalla scuola alle aziende, dall’arte all’impegno politico.
Il centro da allora ha aiutato molte persone ad utilizzare gli strumenti digitali per raccontare le loro storie di vita, dimostrando che le stesse tecnologie che hanno creato distanza e frammentazione potevano essere usate in modo nuovo per ri-connettere, creare nuovi legami, sentirsi partecipi di una comunità. La narrazione digitale diventa insomma un collante culturale.
Le “narrazioni digitali”
come animazione per contrastare il disagio giovanile
In questo caso il “digital storytelling” si configura come modalità animativa rivolta a ragazzi adolescenti. «Occorre però fermarsi un attimo e riflettere prima su un termine il cui significato viene spesso confuso e sottovalutato: l'animazione.
L'animazione si configura come un'azione che mira ad attivare processualità di autentificazione delle persone (spaziando nei vari contesti, da quelli dell'agio a quelli del rischio e del disagio) in vista di un cambiamento, non solo del singolo ma anche della collettività.
Lavorare sul singolo, sui suoi schemi percettivi, interpretativi e conoscitivi, sui suoi sistemi simbolici e valoriali permette di operare trasversalmente anche nella società.
L'utilizzo di “digital storytelling” abbraccia l'esigenza di dare risposta ad un disagio che investe sia il singolo che la società nell'ottica di un cambiamento o della prevenzione del rischio.
Vecchie e nuove dipendenze, atti vandalici, bullismo, episodi di violenza, eccesso di competizione, formazione di gruppi chiusi che rifiutano le regole del vivere civile, volontà di raccontarsi nell'incapacità di farlo in maniera efficace possono essere alcune delle molteplici problematiche giovanili con le quali ogni società è costretta a confrontarsi.
Talvolta la rete è usata come strumento di divulgazione di episodi negativi che vengono condivisi ampliando la risonanza e, in alcuni casi, incentivando la ripetizione.
Rispondere ad un uso scorretto delle risorse multimediali attraverso il multimediale utilizzato in versione educativa significa promuovere e sostenere un cambiamento singolare e collettivo.
Il “digital storytelling” non è importante solamente per il prodotto al quale si arriva ma soprattutto per il processo messo in atto. Attraverso di esso i comportamenti e le emozioni entrano a far parte dell'esperienza personale generando modalità di riflessione, immaginazione, percezione della realtà, condizionando modi di vivere e rappresentare l'esistenza.
Un “digital storytelling” permette al giovane di far emergere il suo racconto personale, di narrare il suo legame affettivo con persone, situazioni, luoghi consentendo di migliorare la conoscenza di sé, di aumentare la conoscenza del luogo in cui vive e il suo "attaccamento affettivo", di contagiare gli altri membri del gruppo con la propria narrazione emozionale e con essi la comunità in cui vive.
La documentazione attraverso “digital storytelling” diventa anche una valutazione e un riscontro dei progressi che un gruppo o una persona ha fatto nei confronti della sua problematica; certifica una sfida personale e comunitaria di miglioramento e può mettere a disposizione della comunità virtuale la propria esperienza nell'ottica di una diffusione e replicabilità in contesti diversi».
Bibliografia:

lunedì 28 giugno 2010

I RAP di Gregorio



Il RAP, la musica nata a cavallo degli anni '80 nei ghetti americani e che oggi spopola su Mtv e nei lettori MP3 delle nuone generazioni. Qualcosa in più di un semplice stile musicale, questa moderna “poesia orale” ha creato intorno a sè un vero e proprio movimento fatto di usi e costumi. Un sistema internazionale che attraverso le rime dei suoi interpreti parla ad un pubblico sempre più vasto. C'è un libro-ricerca di George Lapassade e Philippe Rousselot RAP, Il furore del dire, ri-edito da be Pres dove i due francesi indagano l'hip hop dalle origini sommerse e circoscritte, fino all'attuale fenomeno di massa.


Di seguito due RAP scritti da Gregorio nella casa di Oberon.



La mia vita

Vi racconto la mia vita
l'ho scritta con una matita
sul libro del dolore ...senza cuore
per far capire alle persone il mio dolore
per far capire alla gente che forse ho ancora un cuore
che non va sprecato ...solo un pò amato


Non vorrei che pensiate che sono un condannato
la mia vita va nell'hip hop
la gente dice ..."guardalo un pò!"
vedono un ragazzo in mezzo alla gente ...succube
e pazzo ...della sua mente
Io ora ringrazio Dio
che mi ha fatto conoscere persone con un cuore d'oro
se ora sono qui ringrazio solo loro
per mia gente il mio futuro sarebbe stato niente
solo odio, solo disperazione ... e niente
Io scrivo quello che penso
per me puoi chiamarlo tempo perso
ma stai tranquillo perchè sai che non ti sento
soprattutto quando giudichi i miei testi
Lo sai che non me ne frega un cazzo se tu protesti
mi chiamo Gregorio un ragazzo come tanti
vivo la mia vita in mezzo a gioie, crisi e pianti
provo pure a non avere dei rimpianti ma qualcosa
mi blocca credo ci vorranno anni
ma tutto passerà e se non passerà
continuerò a rimanere bloccato sul primo piano
con il mio foglio e la matita in mano...

Ho raccontato la mia vita
l'ho scritta con una matita
sul libro del dolore ...senza cuore
per far capire alle persone il mio dolore
per far capire alla gente che forse ho ancora un cuore
che non va sprecato ...solo un pò amato


Buio


Nel buio tu cammini con me
tu sei il motivo per cui sopravvivo ...perchè
mi hai dato un obiettivo, vorrei essere te
non sopporto più la gente quando parla di me.


A 13 anni stavo messo male
vedevo il sole splendere dalla finestra di un ospedale
...dopo qualche giorno ...continuavo a cercarlo
e tiravo a campare fumando droga fino allo sballo
e giorni interi passati tra incubi e deliri
cercando la verità sul fondo di troppi bicchieri,
ricordo l'istante, il primo contatto
e tutte le prime figure di merda che ho fatto.
Ancora, rispetto l'episodio più importante della mia esistenza,
la conoscienza che mi guida in ogni esperienza
con te, sempre insieme, in ogni situazione
mi hai ceduto ogni cosa che ho avuto, compreso il nome
so bene che il mio debito è immenso
ora solo lacrime spese, cercando per il momento solo un senso.

Nel buio tu cammini con me
tu sei il motivo per cui sopravvivo ...perchè
mi hai dato un obiettivo, vorrei essere te
non sopporto più la gente quando parla di me.


Oggi ho 16 anni combatto per me stesso,
adesso ho un obiettivo sopravvivo e aspetto
ricordo ogni frase, in ogni sguardo mistico
perchè se vivo ancora è solo tempo in prestito
Occhi chiusi ...scelgo la giusta direzione
qualcosa sopravvive anche se è a rischio di estinzione
lascio che sia tu a guidarmi
a condurmi altrove
perchè mi aspettano altri dubbi, nuove insidie, altre prove
in mezzo a volti mai visti, trucchi tra illusionisti
ricorda questo: esisto solo perchè esisti.
Passi falsi fatti in luoghi silenziosi
sono le nostre anime unite in simbiosi.

Nel buio tu cammini con me
tu sei il motivo per cui sopravvivo ...perchè
mi hai dato un obiettivo, vorrei essere te
non sopporto più la gente quando parla di me.

domenica 27 giugno 2010

The Twilight Saga

The Twilight Saga

The Twilight Saga: Eclipse
Ecco i vampiri con anima e sentimenti

La maturità è il tema principale che devono affrontare i giovani protagonisti della pellicola
Giuseppe Mammetti

La saga di Twilight torna nelle sale italiane il 30 giugno, con The Twilight Saga: Eclipse, il terzo capitolo della serie. A dirigerlo, dopo i primi due film di Catherine Hardwicke e Chris Weitz, arriva l'eclettico David Slade, già autore dei bellissimi Hard Candy e 30 Giorni di buio. Questa volta, anche per la dolcissima Bella Swan (Kristen Stewart) arriva il momento delle scelte. È divisa tra Edward Cullen (Robert Pattinson) e Jacob Black (Taylor Lautner), fra l'amore per l'uno e l'amicizia per l'atro, pur sapendo che la decisione più naturale è anche la più difficile: se opta per il primo, dovrà diventare un vampiro, barattando la sua vita di sempre per l'immortalità.
Il regista, nel sottolineare le differenze tra questo e i primi due film, parla di Eclipse in termini entusiastici: "Eclipse è una delle storie più diversificate. Credo che New Moon fosse molto sofisticato per la gamma di emozioni tra i personaggi, ma quello che volevo fare con Eclipse, che è composto di tante grandi storie, era di adottare un approccio più cinematografico. Eclipse è un film molto epico e con una grande storia, il libro stesso è molto corposo. In questo senso siamo stati fortunati perché, quando hai una bella storia, gran parte del lavoro è già fatta". Sul piano tematico, come racconta anche la giovane protagonista nell'affollata conferenza stampa di presentazione, nel terzo film abbiamo una svolta fondamentale: la maturità. Gli eroi adolescenti sono cresciuti e devono affrontare i grandi dilemmi della vita, le scelte che possono (e devono) rivoluzionare un'esistenza. Dice il giovanissimo Lautner: "Il mio personaggio ha subito un grande cambiamento. Nel primo film era il classico ragazzo simpatico e senza problematiche, ma in Eclipse è una persona nuova, con grandi problemi ed una vera personalità".
Del resto, a guardarli con attenzione, i personaggi della saga colpiscono soprattutto per la loro normalità. Nessuno dei tre protagonisti - la ragazza, il vampiro ed il licantropo - svetta per capacità particolari e complessità psicologica. Sono dei ragazzi come tanti, alle prese con i problemi e le difficoltà tipiche dei loro coetanei. La loro essenza cinematografica, inoltre, non ha niente a che vedere con l'horror, semmai prende ispirazione dai modelli glamour dei nostri tempi. La loro mostruosità è speculare alla loro bellezza, rivelandosi la carta vincente di un prodotto che stupisce sopratutto per la sua diffusione. Dal 2005, anno di uscita del primo romanzo, la franchise ha venduto milioni di copie, incassando miliardi di dollari tanto in libreria quanto al botteghino. Eppure, tralasciando l'inevitabile vocazione commerciale, la saga ha un grande merito.
Assieme all'Harry Potter della Rowling, gli eroi di Twilight hanno ridisegnato le linee del gotico, che adesso più che mai bussa alla porta dei teenager. Al posto di eroi senza macchia troviamo giovani deboli ed insicuri, che si trovano a combattere, con le stesse armi, un mondo più forte e furbo di loro. Se non fosse per il fatto che gli adulti, ogni tanto, compaiono anche sotto le spoglie di alleati, ce ne sarebbe abbastanza per parlare di conflitto generazionale. Ma, non solo, questi giovani sono precoci e determinati, ed in parte ricordano quel sentimento di emancipazione che i teenager covano sin dalla prima adolescenza. Per i giovanissimi di oggi i vampiri di Twilight sono dei modelli di comportamento, dei simboli dal fascino lampante nei quali rispecchiare la propria immagine personale.
Tra dialoghi ad alto tasso glicemico ed una naturale ingenuità di fondo, questa saga miliardaria colpisce il popolo dei minorenni per la capacità d'immedesimazione che è in grado di scatenare nei ragazzi. Per una volta, dal lato opposto dello schermo, trovano persone come loro, con una psicologia simile e gusti affini, senza l'abituale complessità (spesso forzata) che contraddistingue i giovani volti cinematografici. Twilight, come tanti altri simboli generazionali, è un prodotto massa, e come tale è destinato ad un pubblico indifferenziato. Nessuna pretesa di artisticità, niente che possa, anche vagamente, ricordare i grandi vampiri del passato. Non c'è spazio per gli eredi di Bram Stoker, per le acute riflessioni di Coppola o per le divagazioni drammatiche di Intervista col vampiro di Neil Jordan. Nessuno di loro, neppure il nobile Nosferatu, sembra aver ispirato la genesi di questi mostri da fanzine.
da Il Secolo d’Italia - 19/06/2010

mercoledì 2 giugno 2010

Le mode

"forse è snobberia, ma ho sempre rifuggito dalle mode. anche quando andavo a scuola, anche quando ero adolescente, tendevo a non volere quel taglio di capelli, quel paio di scarpe, quello zaino, quell’atteggiamento. ho sempre temuto l’uniformità, o forse semplicemente non l’ho mai capita.
l’altro giorno in metropolitana vedevo degli adolescenti di oggi, mi affascina sempre osservarli (forse per il mio nuovo – ormai da più di un anno – lavoro). i gruppi di ragazzi è come se fossero ricoperti da una sfumatura che li accomuna: può essere anche solo il colore dei lacci delle scarpe. in questo caso era qualcosa di analogamente impercettibile a uno sguardo superficiale. oltre l’età, avevano in comune la linguetta: sneakers diverse (colorate, bianche, pulite, sporche, di marca o meno), ma tutte con un mega linguettone sparato all’infuori. (e so che definirle in questo modo rileva immediatamente la mia veneranda età). è una cosa tenera da vedere, come gli esseri umani tendano sempre a essere accettati dai loro simili, come fosse un tratto iscritto nel loro dna (anche se immagino che sia sempre pronta, anche tra gli adolescenti, l’altra faccia della medaglia: il rifiuto di quelli che simili non sono), ma ancor più teneri per me sono gli incontri fugaci con gli adolescenti fuori dal coro. tangenzialmente diversi, sempre alla ricerca, ma di lato. senza sneakers con linguettone. poi certo, probabilmente bisognosi di riconoscersi in un piccolo gruppetto di liminari, come probabilmente ero io quando rifuggevo dagli zainetti Camomilla".
dal blog Ferramenta

lunedì 24 maggio 2010

sabato 22 maggio 2010

Tornando indietro...

Racconti/ Rocco Boccadamo, Io sono chi

“Io sono chi”... il titolo attribuito a questa serie di brevi narrazioni realistiche non contiene nulla di misterioso. È semplicemente il risultato della disposizione in ordine inverso delle tre parole del testo (Chi sono io) di un tema svolto da chi scrive in seconda elementare. I racconti promanano dalla nicchia interiore di ricordi lontani e pur tuttavia sempre vivi. Episodi veri, che spero di aver riportato alla stregua di messaggi morbidi e leggeri e, almeno in talune sequenze, con contorni di variopinte e carezzevoli favole.

Frugando tra i ricordi

Nato nel lontano 1941, i miei primi ricordi risalgono, più o meno, a quando avevo tre anni. All’epoca, nelle famiglie del Salento, era in vigore la tradizione di preparare il corredo per le figlie femmine un po’ alla volta, nel corso di lunghe stagioni di paziente e faticosa tessitura a mano.

Per approvvigionarsi della principale materia prima, vale a dire il filato di cotone, la gente del mio paese ricorreva ad un venditore ambu-lante, in gergo “ cuttunaro”, il quale girava attraverso i vari centri abitati a bordo di un calesse trainato da un cavallo bianco e carico di “ballette” – grossi gomitoli – giustappunto di cotone.

Il bravo commerciante era solito annunciare la sua presenza e richiamare l’attenzione della potenziale clientela suonando una trombetta d’ottone luccicante, con cadenzato, prolungato e accentuato rigonfiamento delle gote, una smorfia facciale che restava in me impressa assai più che il resto della scena.

Allora, i bambini non venivano alla luce nelle cliniche o in ospedale come adesso, ma diretta-mente nelle case dei genitori, nel lettone: le partorienti si avvalevano solo dell’assistenza della levatrice e dell’aiuto delle altre donne, già mamme, della famiglia.

Così accadde nel 1944 per la nascita di mia sorella.

La mattina successiva a tale lieto evento, la nonna e le zie, con le quali ero rimasto a dormire per l’occasione, mi condussero a salutare mia madre e a conoscere la nuova arrivata.

Fu per me un attimo davvero importante solle-

vare il lenzuolo sulla piccola culla di legno e scorgere il visetto della neonata: un faccino particolarmente paffuto e rubicondo, al punto da farmi esclamare fra la meravigliata ilarità dei presenti: ”Ma questa bimba assomiglia proprio ad una «cuttunara» (accezione dialettale al femminile di venditore di cotone)!”

Evidentemente, l’immagine del venditore con tromba, sul calesse tirato dal cavallo bianco, doveva occupare un posto dominante nella mia infantile memoria.

sabato 21 novembre 2009

Dobbiamo assolutamente vederci...

E' veramente bellissimo essere la prima che scrive sul blog:)e così inizia questo nuovo anno scolastico e questo nuovo anno di questo fantastico progetto..sono davvero contenta di ricominciare,di rivedere delle persone a cui mi sono davvero affezionata,dei compagni di viaggio!la vita delle volte ti riserva delle strane sorprese..ricordo le tre tutor senior quando sono entrate in classe a presentarci il progetto...e chi le conosceva quelle tipe...poi hanno chiamato tutti i rappresentanti di classe delle terze ed io e simona abbiamo partecipato a questa riunione..le quattro signore mi hanno subito ispirato fiducia e anche se non avevo capito bene il senso del progetto,entusiasta mi sono iscritta!!forse è stata una delle poche cose buone che ho fatto nella mia vita..ne sono orgogliosa:)beh..cosa raccontarvi?ho passato dei mesi molto pieni...a giugno sono stata bocciata,a luglio ho lavorato tanto,ad agosto anche,sempre ad agosto ho compiuto 18 anni,a settembre sono stata a parigi,a disneyland precisamente,a ottobre mi sono dedicata alla patente,a novembre ho fatto l'esame di teoria e l'ho passato,tra qualche giorno farò quello di guida e la '500 nuova arriverà a momenti:)che commentare?la bocciatura è stata una brutta botta per mio padre,lui che si aspetta tanto da me..il lavoro non è andato male,anche perchè facevo solo gli extra..a volte è venuta anche simona con me!!che dire del mio compleanno di 18 anni?beh ero agitatissima che non venisse nessuno..la festa era alla discoteca ''kaibo''..la festa iniziava alle 22.30 ed io a quell'ora ero alla punta ristola,con una mia amica,il mio ex ed una bottiglia di limoncello..pensavo che se fosse andata male non mi sarei accorta di niente!!!sono arrivata alle 23.oo e non ho trovato nessuno..tutto vuoto..panico..alle 23.05 sono arrivate madrie di persone ed ho contato circa 140-150 persone!!era stragasata e strafelice..alle 5.00 se ne sono andati gli ultimi ed io sono rimasta con i miei amici più stretti..abbiamo fatto colazine e alle 6.30 ero a casa:)a settembre sono stata a disneyland..a parigi..abbiamo deciso di staccare un po' e tra amici abbiamo preso l'aereo e siamo volati a paris:)io credo che disneyland sia un posto da vedere almeno una volta nella vita..è surreale..è un sogno..io veramente non rendo l'idea,ma stare lì è stare in una fiaba disney..qualcosa che ti rivoluziona..very good;)cmq oddio quante cose che ho da dire ed è x questo che DOBBIAMO ASSOLUTAMENTE VEDERCI..IO HO ANCHE PARLATO CON FEDERICA DEL GRUPPO DI CASARANO E VOGLIAMO VEDERCI!!NON POTETE ESSERE CATTIVI E DAIII..VOGLIAMO VEDERCI PRESTO..NON A GIUGNO!FATECI QUESTO GRANDE FAVORE!!E DAI DINOOOO!EHI,IO MI CONFIDO IN VOI..NON DELUDETEMI:) BUON INIZIOOOO! start spazio esse,,three,two,one...GOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!! *KISS*KISS* DALLA VOSTRA juliet(e romeo??Oo)

mercoledì 17 giugno 2009

L'identità salentina



Gente di quì

Antonio Errico

Uno si chiama Antonio De Ferrariis, detto Galateo perchè nato a Galatone tra il 1444 e il ’48, da Pietro, notaio, e da Giovanna D’ Alessandro.
Fu medico, letterato, appassionato di sapere le cose di filosofia e quelle del cielo e quelle della terra, autore di una meraviglia che si intitola Liber de situ Iapygiae.
Diceva: “ Noi non ci vergogniamo delle nostre origini. Siamo greci e ciò è per noi motivo di gloria. Il divino Platone ringraziava gli dei per ogni cosa gli avessero elargita, ma soprattutto per questi tre motivi: averlo fatto nascere uomo e non bestia, maschio e non femmina, greco e non barbaro”.
Poi diceva che il padre aveva studiato le lettere greche e latine, che i suoi avi furono sacerdoti greci, conoscitori profondi di letteratura, sacra scrittura e teologia, “ illustri non per essersi distinti nell’uso delle armi, cioè per violenze, stragi e spoliazioni, ma per buoni costumi e santità di vita”.
Poi confessava di vergognarsi anche di essere nato in Italia, “ sebbene alcuni scrittori abbiano posto la Iapigia fuori dall’Italia”. Se la Grecia è andata in rovina per colpa della sua vetustà e dell’avversa fortuna, l’Italia si sgretola per le sue scelte e le beghe intestine. Se la Grecia è ridotta in schiavitù perché costretta, l’Italia si è fatta schiava per volontà sua.
Più volte la Grecia ha liberato l’Italia dall’asservimento dei barbari; l’Italia ha acconsentito che la Grecia ne diventasse serva. Così diceva.
Infine la previsione dolorosamente serena: “Ma noi espiamo ed espieremo il fio delle nostre azioni scellerate. Infatti le nostre sventure, come vediamo, non sono ancora giunte al culmine”.
Non voleva essere un cattivo auspicio. Solo che ci sono uomini che vedono lontano, molto più lontano degli altri uomini. A volte con rammarico, forse.
Dal suo rifugio salentino, Antonio Galateo vedeva lontano. A volte con rammarico, forse.

L’altro si chiama Giuseppe Desa. Nacque a Copertino il 17 giugno dell’anno 1603, ultimo di sei figli di Felice e Francesca Panara. Racconta Giuseppe Ignazio Montanari che non aveva più di otto anni quando “ standosi in orazione , e fisso col pensiero nelle cose di Dio era ratto quasi estatico fuor de’ sensi, e stavasi così lung’ora cogli occhi sbarrati, le mani levate in cielo, le labbra aperte, e tutto immobile della persona”.
Irascibile. Lento. Svagato. Vagolava senza meta. Inconcludente. Incapace.
Anche il tentativo di fare il calzolaio gli fallì.
Però volava.
“Oh ma’ – diceva – volo, ma’”. Volava.
Più di settanta volte – si narra – fu visto sollevarsi.
Rimase sospeso in aria anche mentre il Tribunale dell’Inquisizione lo interrogava.
Giuseppe Boccaperta: “Illetterato et idiota”. Il Frate Asino, il Santo dei voli. Se ne andò in giro per il mondo con la bocca aperta. Il più grande santo tra i santi, dice Carmelo Bene. Colui che eccede la santità stessa. Sommo lusso della sancta sanctorum: levitare.
L’estasi di fra’ Giuseppe e il congiungimento fra la terra e il cielo. E’ la mediazione tra il transeunte e l’eterno, l’andirivieni fra due realtà lontane. L’estasi è l’esperienza di un altro tempo e di un altro spazio. L’oltrepassamento di un confine fisico e psichico, un’esaltazione della dimensione sensoriale, il superamento della propria umanità e il ritorno ad essa. E’ la trasfigurazione dell’ essere, una distrazione dalla finitudine per un’attrazione verso l’infinito, l’elaborazione della verità in forma di mistero. E’ il pensiero che va oltre se stesso.
Nell’estasi, Giuseppe non è creatura terrestre, non è creatura celeste. Probabilmente è il messaggero degli uomini presso Dio e di Dio presso gli uomini.

Due immagini.

Una dall’explicit de Il fabbricante di armonia, quel punto in cui Antonio Verri fa dire al Galateo che la gente, qui, ha il colore del mare, l’andatura di un’onda, il cuore negli occhi. Dice: è stupenda questa gente, anche nel dolore, anche quando urla, quando impreca. “ Questa gente ha l’umore di questa terra, cresce con essa, ad essa confida i suoi mali, le sue gioie, i suoi dubbi, le sue ondulate tristezze”. Qua si impreca alla morte. I paesi parlano con le campane. Il suono spande la sua ombra su distese di fieno. Due vecchi sulla chiesa sono una carezza d’infinito: “ l’infinito si può scovare dappertutto in questo posto, e ogni cosa, ogni persona, ha un suo particolare stupore, dolore”.

Ecco. Qui, in Salento, l’infinito è un’ epifania consueta. La sua idea non viene dall’armonia di paesaggi, da lunghi e aperti e profondi orizzonti, dalla natura che si appalesa in forme, in espressioni del tempo, ma da un sentimento intimo nei confronti della propria vita, dalle luci e dalle ombre del pensiero, dalle leggerezze e dalle angosce che tramano l’esistenza, dall’enigma che vogliamo intravedere nei fatti della Storia che ci appartiene, alla quale apparteniamo, talvolta con orgoglio, talvolta malvolentieri. L’altra immagine è quella proveniente dall’ iconografia sacra popolare: San Giuseppe che si alza in volo sugli ulivi e su uomini e donne stupefatti. Quel monaco rissoso che vola fra gli alberi, come dice Vittorio Bodini, diventa sintesi e metafora della gente di qui, che ha l’ansia di dislocarsi in un altrove, che cerca lo sconfinamento, si distacca dalla condizione del tempo e dello spazio, affronta il passaggio nei territori del mistero, in una tensione verso il simbolico e l’astrazione.

E’ la levità del pensiero, la sua confusione con il vento; è anche l’artificio di un movimento estremo e folle di congiungimento con la bellezza, con la rivelazione, con l’ultraterreno. In queste due immagini, la terra e il cielo si fanno proposizione di un desiderio di polarità e di sdoppiamento, di terrena concretezza e di trasognato stupore. Di quel desiderio che prova la gente di qui.


sabato 13 giugno 2009

Estate'09, le opportunità di campi di lavoro

I Campi di volontariato

Migliaia di volontarie e volontari provenienti da diverse regioni d'Italia e del mondo scelgono ogni anno di fare un' esperienza di lavoro, di volontariato e di formazione civile prendendo parte ai campi di lavoro sui terreni confiscati alle mafie e gestiti dalle cooperative sociali di Libera Terra. Segno concreto di una volontà, sempre più diffusa tra i giovani, di voler essere in prima linea e di voler tradurre questo loro impegno in un'azione concreta di solidarietà e di condivisione.
I campi rappresentano un'esperienza estiva che sempre più spesso è solo l'inizio o è già parte di un percorso più ampio che i giovani intraprendono nel cammino della legalità, della consapevolezza e dell'impegno nella lotta alle mafie. I campi vengono suddivisi in diversi momenti: di mattina le attività lavorative per il recupero dei beni confiscati e della loro produttività. Accanto al lavoro manuale vengono organizzati dei momenti di formazione e informazione sui temi della legalità, dell'uso sociale dei beni confiscati, delle mafie. La sera infine diventa momento di incontro e confronto tra i volontari e tra i volontari e le comunità locali attraverso iniziative di animazione territoriale e socialità. Essere presenti sottolinea con forza l'attenzione di quanti, sempre più, credono nello sviluppo del sistema della gestione de beni confiscati come risorsa per lo sviluppo economico, sociale e culturale del territorio.

MAPPA DEI CAMPI DI VOLONTARIATO
Campi Libera Terra e Legambiente
Per l'estate 2009, Libera in collaborazione con i coordinamenti territoriali, con le cooperative Libera Terra e con Legambiente organizza diverse tipologie di campi di lavoro sui beni confiscati

CAMPO PER MINORI (in collaborazione con LEGAMBIENTE)
- 5/15 luglio '09 - Libera Piemonte - Cascina Caccia, San Sebastiano da Po' (Chivasso) - Maria Josè Fava - mj.fava@acmos.net
CAMPI PER ADULTI (In collaborazione con LEGAMBIENTE)
- 28 luglio / 6 agosto '09 - Consorzio Sole - Provincia di Napoli - Fabio Giuliani - giuliani.fabio@libera.it
- 21/30 Luglio '09 - Mesagne (BR) - Coop. Terre di Puglia - Ivano Daviencienti - info@liberaterrapuglia.it
- 3/12 agosto '09 - Polistena - Coop. Valle del Marro - Antonio Napoli - valledelmarro@libera.it
- 20/30 luglio '09 - Castel Volturno (CE) - Tina Cioffo - caserta@libera.it
- 20/31 luglio '09 - Gergei (CA) - Paola Aresu - libera@sardegnasolidale.it
- 1/11 settembre '09 - Coop. Placido Rizzotto e Pio La Torre - Contrada Kaggiotto, San Cipirello (PA) - Francesco Galante - placidorizzotto@liberaterramediterraneo.it

CAMPO DI LAVORO INTERNAZIONALE
in collaborazione con PAX CHRISTI - movimento cattolico internazionale per la pace
- 9 -18 agosto 2009 presso la Casa per la pace - Impruneta (Firenze)
Per iscrizioni e informazioni contattare: CARMINE CAMPANA casaperlapace@paxchristi.it - carmine.campana@gmail.com o chiamare allo 05 5 23 74 505

Campi di lavoro per i gruppi organizzati

I gruppi organizzati, invece, possono contattare direttamente i referenti delle cooperative per individuare i periodi disponibili e per le richieste particolari, a seguire i contatti:
- Sicilia - Coop. Placido Rizzotto e cooperativa Pio la Torre - Francesco Galante - mail placidorizzotto@liberaterramediterraneo.it
- Calabria - Coop. Valle del Marro - Antonio Napoli - valledelmarro@libera.it ; Calabria - Bovalino (RC) - Libera Locride - Francesco Rigitano - locride@libera.it
- Puglia - Coop. Terre di Puglia - Ivano Devicienti - ivano.devicienti@liberaterrapuglia.it
- Campania - Castel Volturno - Tina Cioffo - caserta@libera.it
- Sardegna - Gergei - Paola Aresu - libera@sardegnasolidale.it
- Piemonte - Cascina Caccia - San Sebastiano da Po' - Chivasso Libera Piemonte - Maria Josè Fava - mj.fava@acmos.net

Per maggiori informazioni contattare l'indirizzo email estateliberi@libera.it
o chiamare 06 69 77 03 01


Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
Via IV Novembre, 98 - 00187 Roma

giovedì 28 maggio 2009

incontro del 28/05/09
"3°incontro conclusivo:esperienze di musicoterapia"

ciao a tutti...oggi si conclude il nostro percorso...:( abbiamo appena terminato il nostro incontro e nn ci resta che dire "la nostra"...
a parere comune gli incontri sono stati molto positivi..le emozioni sono state tante:gioia,imbarazzo(iniziale),relax(qualcuno russava....ihihihi),abbiamo scaricato le nostre tenzioni e voglie..abbiamo urlato ciò che desideriamo..anche se non è stato facile descrivere noi stessi,le nostre paure,emozioni,il nostro ritmo..
non ci resta che ringraziare tutti coloro che ci hanno permesso questi momenti..
ci serviranno da esperienza..
grazie grazie grazie..........:)
ci vediamo al mareeeeeeeeee..:)


"gruppo di casarano"

giovedì 30 aprile 2009

Incontro del 16-04-2009

Durante il quarto incontro del coso di formazione della Peer Education è stato affrontato in modo specifico il tema dell’assertività. L’incontro è stato tenuto dal Dr. Andrea De Matteis. Si è partiti dal termine latino AD SERERE = Condurre a sé, per far comprendere ai ragazzi che l’assertività è una modalità di entrare in rapporto con una persona, rimanendo se stessi e instaurando rapporti costruttivi nel rispetto reciproco. È stato messo in evidenza che molte persone nelle relazioni con gli altri assumono atteggiamenti passivi o aggressivi. Infatti, l’ atteggiamento passivo è tipico di chi assume un comportamento tranquillo,non mettendosi mai in discussione ed evitando qualsiasi forma conflittuale. Invece l’atteggiamento aggressivo è tipico di chi assume un’ eccessiva aggressività intimorendo gli altri, mettendoli in soggezione urlando o addirittura lanciando oggetti in aria. Tra questi due atteggiamenti estremi c’è una via di mezzo: quello dell’ASSERTIVITÀ.
L’ ASSERTIVITÀ è una tecnica che può essere appresa e con la pratica migliorata.
Per imparare ad esseri assertivi per prima cosa bisogna sapere esattamente ciò che si vuole e seguire poi un cammino costituito da 6 tappe o passi:

1)FATTORI PERSONALI
2)IDEALI
3)FATTIBILITÀ
4)FLESSIBILITÀ
5)TEMPO
6)PRIORITÀ

Per ciò che riguarda il 1° passo bisogna tener conto delle situazioni facili o difficili da affrontare, dei rapporti con le persone importanti della propria vita, degli atteggiamenti, dei pensieri e delle convinzioni riguardo all’esprimere se stessi (timidezza, passività,paura di essere giudicato).
Per il 2° passo gli ideali rappresentano una spinta all’azione importante per chiunque , ma ancora di più per chi studia. Capire quali sono i propri modelli aiuta a capire se stessi e ciò che si vuole. Scegliere modelli adeguati è importante nel cammino verso l’ASSERTIVITÀ. .
Per il 3° passo ( la FATTIBILITÀ) è necessario non fissare mai degli obiettivi altri per evitare di aumentare il senso di frustrazione e nello stesso tempo ridurre la motivazione a raggiungerli.
Dunque, sarebbe auspicabile ridurre gli obiettivi ambiziosi in tanti sottobiettivi.
Il 4° passo (la FLESSIBILITÀ) è un rapporto con il precedente, infatti, si può riconoscere il processo di cambiamento che sta avvenendo e si rende necessario dover cambiare uno o più obiettivi.
Per il 5° passo(il TEMPO) è necessario distribuire gli obbiettivi nel tempo, perché questo aiuta a stimare la durata del processo di cambiamento e a non creare aspettative erronee.
Per il 6° passo l’assegnazione di PRIORITÀ porta ancora una volta a rendersi conto delle aspirazioni più importanti.
A conclusione dell’incontro è stato somministrato, ai partecipanti un questionario per valutare il loro stile “assertivo”. Dai dati emersi i ragazzi hanno dimostrato di avere un buon grado di ASSERTIVITÀ

mercoledì 22 aprile 2009

.......la dipendenza.......

“ Io senza di lui non ce la farò mai! “ diceva alla fine della sua storia con il suo fidanzato.
Era giunta al capolinea, era finita, non l’amava più, non c’era nulla più tra loro, ma lei n’aveva bisogno, lo cercava, si sentiva persa, senza luce. Non l’amava, ma aveva bisogno di lui, bisogno perché c’era sempre stato, bisogno perché aveva sempre vissuto ogni attimo insieme, bisogno perché ormai era una costante nella sua vita, il suo cuore n’aveva bisogno, il suo cuore non poteva vivere senza di lui.
Capisci che non ne puoi fare a meno, quando provi ad allontanarti, a prendere un’altra strada, a girare pagina, a scrivere un nuovo capitolo, capisci che non ce la fai, non esiste la buona volontà, non esiste l’impegno all’inizio, esiste solo l’oggetto del desiderio, e quanto più provi ad allontanarti tanto più sei spinta a seguirlo, a cercarlo, ti chiedi “ se ne ho bisogno perché ne devo fare a meno? “
Allora ritorni alla tua vecchia strada, torni indietro con le pagine e le rivivi come sempre, come prima.
Sei appagato hai quello che vuoi, quello che ti serve per stare bene.
Questa la risposta a cos’è la dipendenza.
Ma la dipendenza è un seguito a qualcosa che hai vissuto, che hai provato, che hai visto, diventa dipendenza dal momento in cui la razionalità lascia il posto all’istinto.
Abbiamo preso in considerazione il fumo. “ Perché fumi? “ abbiamo chiesto hai nostri conoscenti.
Per loro sembra una domanda stupida fumano perché? Hanno soldi da spendere? Hanno un’altra vita per riserva?
Le risposte sono state diverse, diverse come le storie vissute, diverse a seconda dell’infanzia, diverse risposte per scappare dalla realtà.
“ Fumo perché volevo imitare i miei amici più grandi “ “ Per essere accettato dalla società “ “Per essere diverso dai miei, troppo noiosi! “ “ Perché mi piace e nessuno me lo vieta! “ “ Per dimostrare agli altri che ormai sono grande “ “ I miei fumano, non me lo possono vietare! “ “ Fumo per passare il tempo! “
Alcune sono scontate, altre stupide, altre ancora sorprendenti.
Non possiamo discutere il loro rapporto con il fumo, non possiamo giudicare noi, fa parte della loro vita, nessuno glielo può vietare.

Esistono diversi tipi di dipendenza, noi siamo abituati a parlare di dipendenza in maniera negativa, quando si è dipendenti dall’alcol, dal fumo, o peggio ancora dalla droga, ma se abbiamo detto che si è dipendenti da qualcosa nel momento in cui si sentiamo il forte bisogno di averla vuol dire che tutti nella nostra vita siamo dipendenti, perché ognuno di noi nella vita non può fare ameno di qualcosa, che degli affetti più cari, che dei dolci, che di qualcosa di materiale, chi dal cellulare.
Appunto il cellulare. Oggi quasi se non tutti gli adolescenti hanno il cellulare, cosa ancora più seria che nessuno ne può fare ameno. Non si comunica più perché esistono i messaggi, non ci sono foto stampate perché se abbiamo bisogno di vederle basta andare sulla cartella delle foto, non abbiamo bisogno di cd, dvd perché riesce a contenerli il cellulare e in più possiamo vederli dove a quando vogliamo, non abbiamo più bisogno di avere un orologio al polso, perché appesantirci il braccio quando ne possiede già uno il cellulare?
Negli anni è diventato il miglior amico di tutti, non abbiamo bisogno di tante cose diverse per soddisfare i nostri bisogni, abbiamo il cellulare, un semplice oggetto che li racchiude tutti ed è sicuramente più veloce.
Ci troviamo sempre più spesso di fronte a persone che guardano i cellulare ogni minuto perché aspettando il massaggio che non arriverà mai o semplicemente per guardare l’ora, oppure ci capiterà spesso di parlare confidarci con la nostra amica mentre lei è inetta a mandare un messaggio a qualcun altro, ci capiterà più spesso di sentirci inascoltati perché davanti a noi c’è il nostro miglior amico-nemico cellulare.
Capiterà e forse nemmeno ce ne accorgeremo, capiterà che lo faremo, non ascoltando ciò che ci è stato detto, faremo meglio a dire è capitato e capita sempre.

Quando c’è dipendenza qualsiasi lato negativo viene svalutato, non viene preso in considerazione, ci serve quella cosa? Nel momento in cui diciamo di sì abbiamo già dimenticato i contro. Contenti noi…


Gruppo Casarano

la dipendenza....

La dipendenza… esistono vari tipi di dipendenza: alcol, droga, fumo e molte altre meno con uscite.
Ma perché si inizia?
I motivi sono vari, tanti quanti le persone che ne soffrono, ma in realtà se si analizza attentamente la situazione si possono trovare dei denominatori comuni.
Tutte queste dipendenze non riguardano un’unica tipologia di persone, ma le più varie ed ognuno ha le proprie motivazioni.
Analizzarle tutte sarebbe troppo complicato, per cui in questo caso ci limitiamo ad osservare il caso dei giovani.
La domanda fatta ha molti ragazzi è: cosa vi spinge a fumare, bere o ad avere qualsiasi altra dipendenza?
Le risposte a questa domanda e le storie degli intervistati sono diverse. Alcuni hanno iniziato a fumare perché i loro amici fumavano, altri per essere accettati, alcuni iniziavano a bere per trovare un rifugio dalla vita quotidiana e dai suoi problemi, altri ancora sostenevano che quello era solo un modo per divertirsi e niente di più.
Alla base di tutto questo in un caso o nell’altro vi è un profondo disagio psicologico, che ci coinvolge e ci riguarda tutti, chi più chi meno.
L’aspetto più lampante di quest’intervista è che tutto questo per i ragazzi è la normalità. Oggi come oggi è normale essere dipendenti da qualcosa e al contrario ciò che è ritenuto strano è non esserlo.
Questo è molto pericoloso perché induce anche quei ragazzi “ sani “ ad intraprendere strade che li portano sì ad essere accettati ed essere come gli altri, ma anche a soffrire di patologie più o meno serie esattamente come gli altri.
Gia, è proprio questa la parola d’ordine essere come gli altri per essere accettati, per far parte del gruppo, per essere parte di qualcosa.
È proprio questo un altro aspetto di primaria importanza.
Nella vita dei giovani di oggi gli amici, il gruppo, le compagnie che si frequentano sono importanti più che mai.
Oggi il modello da seguire, coloro a cui rivolgersi per un consiglio non è più la famiglia, ma gli amici. Amici che non sempre consigliano per il meglio e che a volte non sono veri amici, ma poco importa ciò che veramente conta è sentirsi parte di qualcosa, qualsiasi essa sia.
Per ottenere tutto questo si è disposti anche ad accettare delle regole, che non sempre stanno bene a tutti, eppure tutti rispettano perché “queste sono le regole del gioco e se non ti stanno bene sei fuori“.
Sì, ma quali sono queste regole?
Le più varie. Vanno dall’avere il piercing, al seguire la stessa moda, ascoltare la stessa musica, frequentare gli stessi posti e via dicendo.
A questo punto la domanda che ci si pone è: perché i giovani d’oggi hanno un bisogno così disperato di identificarsi con qualcosa? Forse hanno poca stima di se? E se è così di chi è la colpa?
Viviamo in una società che condanna le dipendenze, almeno le più gravi, ma che poi induce i giovani ad esserlo, tutto questo è un circolo vizioso. Ogni causa ne riconduce ad un’altra più grande, più complicata, più difficile da risolvere, quindi cosa si può fare?
Questo è il grande e vero interrogativo.
Curare non basta, si deve prevenire, ma anche questo sta diventando inutile.
Il fenomeno di massa a cui assistiamo sta dilagando ed ogni intervento per fermarlo sembra inefficace, forse si dovrebbe smettere di provare semplicemente ad arginarlo ed iniziare a combatterlo realmente.


Chiara e Federica
Gruppo Casarano

venerdì 17 aprile 2009

a Reggio Emilia

Il sito di un'esperienza analoga alla nostra,
anche se con più anni di attività.
Si potrebbe pensare a contatti a distanza
o addirittura ad un gemellaggio...

mercoledì 15 aprile 2009

progetto 'peer' a Parabita

Ciao ragazzi, per aprire: o si è giovani sempre o non si è mai stati giovani; “alla pari” è da vedere se è fra pari solo di età anagrafica o se lo è anche per quella dei sentimenti che ad ogni nuova stagione rifioriscono anche a cent'anni; allora, vi propongo di sgombrare il campo dal termine “senior” che discrimina e non favorisce l'essere “alla pari”. La mia campagna sulla giovinezza interiore può servire oggi a qualcuno di noi, più grande, ma domani anche a tutti voi, ragazzi di oggi.
Ringrazio Giulia per i saluti che ricambio ed estendo ad Alberto e a tutto il gruppo di Tricase ed anche quello di Casarano, con cui non ci vediamo dagli incontri di Muro lo scorso anno. Quest’anno abbiamo avviato un’esperienza di peer presso l’Istituto d’Arte a Parabita. Se vi interessa conoscere il percorso che stiamo svolgendo potete visitare la pagina
http://www.socialefecondo.altervista.org/tj_1.htm e quelle a questa collegate. C’è da essere grati alla Direzione della ASL di Lecce per il sostegno alla progettualità in corso, per come ha fatto presente Dino nel post precedente a questo. Ancora un saluto, con la speranza di poterci prima o poi incontrare: ciao

martedì 14 aprile 2009

Ciao a tutti; con i saluti del gruppo di Tricase e le simpatiche frecciatine di qualche incorreggibile quanto simpaticissima e amabilissima giamburrasca dello stesso gruppo, ma anche con i post del gruppo di Casarano, si è ripreso sul serio e alla grande tanto che, sin dai primi incontri, si è registrato l’entusiasmo della ripresa e tanti imput importanti di discussione; un caro saluto a tutti i giovani protagonisti dei gruppi di Tricase e Casarano e alle rispettive senior che, ad onor del vero, erano impazienti di ricominciare, soprattutto x ritrovare i tanti affezionati junior che, a loro volta, sollecitavano la ripresa.

Il 3 settembre, in quel di Muro, ci salutammo tutti con un caloroso arrivederci che esprimeva un desiderio ma anche un bisogno e che, insieme e all’istante, trasformammo in obiettivo; da qui, e grazie anche a qualche imprevedibile disguido dalle conseguenze di poco conto, è nata la proposta progettuale “Prevenzione 2009: Laboratori di informazione e formazione – Tutti insieme alla pari”; proposta che, supportata dai tanti e positivi risultati delle attività 2008, alimentata da forte determinazione e grande passione, allestita in modo puntuale e motivata, è risultata, agli occhi dei Responsabili, ai vari livelli, credibile, affidabile, degna di attenzione e sostegno, tanto da approvarla e finanziarla, sancendone la sua fattibilità.

Questo significa che mentre lo scorso anno abbiamo potuto realizzare tante attività, interessanti e proficue, nell’ambito della IIIa e ultima annualità del progetto “Spazio Esse” e con la collaborazione di “Unità di strada”, finanziati dalla Regione Puglia, quest’anno, invece, le attività previste, da progettare insieme nei dettagli e che Voi, protagonisti giovani e senior “tutti insieme alla pari”, potrete realizzare, saranno finanziate, per la prima volta, con somme di bilancio della nostra A.S.L.; di tanto va detto un sincero grazie alla Direzione Generale che, con grande attenzione e sensibilità, ha apprezzato e condiviso la proposta, autorizzandone la sua piena attuazione.

Rifaremo insieme il percorso sperimentato, per molto anche valicato, lo scorso anno e che sarà migliorato e arricchito sulla base dei risultati registrati, delle esperienze vissute, ma anche delle accresciute disponibilità di collaborazione di Enti ed Istituzioni pubbliche e private che condividono con la A.S.L. l’obiettivo primario della “promozione della salute” dei giovani.

Un saluto e un sentito grazie, a nome di tutti, al Sindaco De Iaco e all’Assessore Leomanni di Muro Leccese che, con una nota del 27 marzo 2009 al Direttore Generale, hanno voluto sottolineare e apprezzare i risultati delle attività svolte nel 2008, in buona parte nella città di Muro Leccese, e rinnovare la disponibilità a collaborare per il futuro.
Dino

martedì 7 aprile 2009

Pensieri sulla dipendenza provenienti dalle nostre esperienze di vita.



"Sono una ragazza di sedici anni ho iniziato a fumare all’età di dodici anni e l’ho fatto per sentirmi più accettata. Questa era la mia dipendenza. Ho smesso solo quando ho capito che non avevo risolto niente.

Non ho mai ceduto al fumo o all’alcool perché per me non aveva senso… credo che la dipendenza sia dei deboli e non bisogna per forza fumare per essere accettati dalla società.

Ho iniziato a fumare perché le mie amiche lo facevano e per non sentirmi da meno le ho imitate. All’inizio non era gradevole, non riuscivo a respirare, fumavo comunque. Adesso non è più l’inizio, per me fumare è diventato una dipendenza perché ne sento il bisogno.

Sinceramente non so se la mia è una dipendenza, non so neanche se ho qualche dipendenza.
Certo fumo, bevo e ci sono molte altre cose che mi piacciono e ogni tanto mi capita anche di eccedere, però non succede sempre lo faccio perché non ho nient’altro da fare."


"Discutendo nel nostro gruppo sono emerse diverse opinioni riguardanti la dipendenza con le sue cause e conseguenze.
Vi sono differenti tipi di dipendenza:quelle materiali e quelle psicologiche.
Alla prima categoria appartengono per esempio il vizio del fumo,l’abuso di alcool e l’uso eccessivo del cellulare che spesso portano a effetti negativi anche e soprattutto dal punto di vista salutare.
Per quanto riguarda invece le dipendenze psicologiche, sono diffuse soprattutto nei giovani che hanno una personalità più debole rispetto ad altri, con un basso livello di autostima che porta ad essre dipendenti da una persona capace di rassicurarla, essendo un punto di riferimento. "


"La dipendenza per noi è un legame eccessivo e irrazionale a qualcosa o a qualcuno. Si crea con atteggiamenti ripetitivi, dipendenza da una sigaretta,dipendenza da sostanze stupefacenti ma anche dipendenza da una persona. E’ un meccanismo che rientra a far parte della nostra vita quotidianamente e in futuro si incontrano delle difficoltà per chi vorrebbe eliminare queste abitudini quindi occorre essere seguiti da una persona competente."




"Per noi giovani le occasioni per creare dipendenza sono molteplici.Ad esempio diffusissima è la dipendenza dal fumo,si sa che ciò può creare danni alla salute di una persona,di solito si inizia con il semplice desiderio di provare per capire ciò che si prova ma col passare dei giorni diventa sempre di più una dipendenza che difficilmente si riesce ad estinguere.Secondo noi è tutta una questione psicologica ma anche il nostro corpo si abitua a ricevere una dose quotidiana di nicotina .I motivi che spingono noi giovani a cominciare possono essere diversi:trovarsi in un gruppo dove tutti quanti fumano e per non sentirsi inferiori ci si lascia trasportare.Altri tipi di dipendenza possono essere droga,alcool,e questi motivi giustificano anche i tanti incidenti di cui si parla nei telegiornali e che sono ormai all’ordine del giorno il sabato sera.Esiste anche un altro tipo di dipendenza cioè l infatuazione per una persona fino ad arrivare al punto di non poterne più fare a meno.Si arriva dunque alla conclusione che e difficile rinunciarci.Secondo noi di qualsiasi tipo di dipendenza si stia parlando non ci sono aspetti positivi e negativi,sono delle scelte di vita che ognuno di noi compie,bisogna ovviamente capire che molte di queste scelte possono provocare dei danni a noi stessi."



"Non è semplice parlare di dipendenze soprattutto per coloro che ad una giovane età non ne hanno provate o meglio non comprendono a fondo il vero significato della parola stessa. Ad una prima impressione senza dubbio verrebbe da pensare la solita frase “ a me non succederà mai! ”
Invece succede proprio senza rendersene conto che qualcosa inizia ad influenzarti tanto, ad essere così importante, che entra a far parte di te in maniera incalzante. Ti sei sempre ritenuto così forte da non ammettere a te stesso di non poter fare a meno di qualcosa o se ne sei consapevole non sei ancora arrivato a comprenderne le conseguenze. Saresti da definire “immaturo” o un “autolesionista”?!?!?………….Semplicemente gli occhi sono “incantati” di fronte a ciò da cui dipendi. La fragilità giunge così ad avere la meglio su te stesso e a volte anche nella mole di valori in cui sei vissuto. Capita che la fragilità umana si manifesti molto più frequentemente in soggetti che ancora non hanno acquisito un’ identità o meglio il concetto del limite. È opinione comune ammettere che le dipendenze sono qualcosa da giovani o da ragazzini o nel peggiore dei casi da “ragazzacci”, forse però visto da un punto di vista giovanile dipendenti lo siamo tutti quando si perde l’autocontrollo. Resta il fatto che i soggetti più a rischio sono senz’altro coloro che stanno crescendo in un tempo in cui le “deviazioni” sono notevoli e non è semplice per ognuno portare a termine il proprio progetto di vita. "



"Pensiamo che.. la dipendenza sia causata da:
· può essere la dipendenza da msn..più che altro dalle persone, anzi dalla persona che so di poter trovare lì! Da un lato quando entro su msn e chatto con questa persona sto bene, mi diverto e mi tranquillizzo..però d’altra parte perdo ore davanti al pc trascurando tutto e tutti, quando invece potrei benissimo trascorrere il mio tempo libero vicino alle persone che di solito non ho accanto..Però fortunatamente riesco ad impormi dei limiti e a controllarmi.
· io credo che la dipendenza sia qualcosa di non troppo eccessivo ma irrazionale allo stesso tempo. Molto spesso è un comportamento incontrollabile che non mi fa sentire tranquilla.
· La dipendenza da qualcosa può essere data da esperienze personali che incidono a tal punto da rendere inevitabile un comportamento assiduo. Non sempre include qualcosa di negativo. Può essere il fumo,il cibo,lo shopping ma anche qualcosa di più astratto."



"Personalmente non conosco gente che abbia dipendenze per quanto riguarda droga,alcool;posso solo rendermi conto delle conseguenze che si vengono a creare:ad esempio,vi sono molti casi di giovani che subiscono effetti negativi fisici e morali dovuti all’abuso di droga e alcool che molto spesso sono anche frutto di incidenti mortali.
Vi sono poi altri tipi di dipendenze che nascono come semplici abitudini ma dopo non ci si riesce a farne a meno.Un esempio può essere il divertimento esagerato:se un giovane è abituato a un tipo di divertimento,a un certo tipo di situazione,arrestando anche solo per un breve periodo questa sua abitudine cominciano a verificarsi momenti di piccole crisi che portano al pianto o altro e quindi a un malessere generale."