Marco Pantani nasce nell'ospedale di Cesena il 13 Gennaio 1970, rendendo orgogliosi di se mamma Tonina e papà Paolo. Ad attenderlo a casa la sorella Manola, poco più grande di lui, e nonno Sotero, figura determinante nella vita di Marco. Pestifero, scalmanato, capobanda, così Pantani amava definirsi quando ricordava i primi anni di vita. A scuola non aveva grossi risultati, preferiva investire il tempo dei compiti in quelle che erano le sue passioni. Il primo sport al quale Marco si avvicina è il calcio, con pochi riscontri; lui che amava essere il primo in tutto, era messo da parte da chi era più portato in questo sport. Abbandona il calcio e comincia a far gruppo con i ragazzi ciclisti che si radunavano nel piazzale davanti il suo condominio. Non passa molto tempo e Pantani è li, con una Vicini grigio metallizzato concessa dal G.S. Fausto Coppi, a correre con gli altri ciclisti del gruppo. La prima bici gli viene regalata da nonno Sotero, una Vicini Tour de France di colore rosso e da quel momento diviene il suo gioiello più prezioso; la bici viene pulita, lavata ed asciugata dopo ogni uscita, la compagna perfetta per le salite di tutta la Romagna. Usciva da solo e mancava tutto il pomeriggio, poi con i suoi 150 km sulle gambe ritornava soddisfatto a casa a raccontare ai genitori, preoccupati invece per quel figlio che spariva per ore, le sue imprese; in gruppo non era da meno, si faceva superare da tutti i ragazzi e proprio quando cominciava la salita li staccava uno per uno, rimettendosi in testa al gruppo, cosa che non solo faceva in allenamento ma che avrebbe continuato a fare anche nelle grandi corse.
Era il 22 aprile 1984 e Marco Pantani vince la sua prima gara come esordiente a Case Castagnola. I successi di Marco non furono numerosi, considerando che agli esordienti erano dedicati per la maggior parte percorsi pianeggianti, ma bastava anche solo un cavalcavia per permettere a Marco di staccare tutti.
A 15 anni Marco è nella categoria allievi e nessuno, nè papà Paolo, nè Vittorio Savini, direttore sportivo di Marco delle tre stagioni precedenti, possono dimenticare la vittoria della Forlì-Monte Coronaro. Grandi imprese, indimenticabili gesta, ma anche indimenticabili cadute; è segnato proprio da queste il 1986, la prima nella discesa di Sant' Arcangelo dove viene travolto da un'auto che arrivava dal senso opposto, la seconda vede Pantani sbattere contro un camion durante una volata con i compagni d'allenamento; nella prima rischia la vita per lo spappolamento della milza, la seconda gli procura ferite al volto e la visibile cicatrice sopra il labbro superiore. Finite le medie, papà Paolo lo convince a iscriversi all'istituto tecnico con indirizzo radiotecnico di Cesena, ma i progetti di Marco erano altri e prevedevano solo un oggetto, la sua bici; riparare radio e tv rimarrà comunque un hobby. Non finirà mai la scuola ma riuscirà a vincere la sfida contro il padre, facendolo sentire fiero di lui. Nel 1989 passa alla categoria Dilettanti, prima con la S.C Rinascita Ravenna e nel 1990 nel G.S. Giacobazzi.
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A 22 anni vince il Trofeo Matteotti, vince il Giro d’Italia Dilettanti guadagnando 5 minuti su Casagrande e Belli; oltre alla vittoria Pantani si è guadagnato il biglietto d'ingresso per il mondo del professionismo, firmando il suo primo contratto con la Carrera-Tassoni. Chiude la carriera pre-professionale con 4 vittorie da Esordiente, 5 da Allievo, 4 da Juniores e 15 da Dilettante. Il 5 agosto 1992 Marco Pantani debutta ufficialmente nel professionismo in occasione del Gran Premio di Camaiore. La vera stagione inizia con la partecipazione al Giro d'Italia dove viene affidato all'occhio vigile di capitan Chiappucci. Pantani si ritirerà, contro la sua volontà, per problemi di tendinite, a quattro tappe dalla fine, quando era 18° in classifica generale. La stagione ‘94 può essere definita quella del riscatto, la prima vera importante stagione di Pantani. Quarto al Giro del Trentino e al Giro di Toscana, con questi risultati Pantani si presenta al Giro d'Italia di quell'anno, Giro, che grazie alle due vittorie di tappa, gli permettono di non esser più l'anonimo ragazzino romagnolo ma di diventare uno dei nomi più in vista del ciclismo italiano. La prima tappa che lo vede vincitore è la Linz-Merano: a 3 km dalla vetta del Passo di Giovo, Pantani è con i primi, raggiunge capitan Chiappucci, poche frasi ma determinanti, l'ok del capitano per allontarsi dal gruppo e Pantani va, guadagna in discesa e si ritrova primo nella tappa del giorno con alle spalle Bugno e proprio capitan Chiappucci. Il giorno dopo, nella tappa Merano-Aprica, si ripete la scena finale; in fuga il capitano con un gruppetto di ciclisti, all'inizio del Mortirolo Pantani esce dal gruppo degli inseguitori, raggiunge il capitano in fuga che anche questa volta gli da l'ok per attaccare, Pantani va, con il russo Berzin, che cerca di stargli dietro, e Indurain che invece sale con il suo passo. Sul Santa Cristina, l'ultima asperità della giornata, Pantani piazza il suo ennesimo scatto e vola da solo a conquistare la sua seconda vittoria di tappa consecutiva conquistando tutti. Il Giro si chiude e Marco è li sul podio, secondo, davanti a Miguel Indurain, cosa che quest’ultimo non gli avrebbe mai perdonato rendendogli la vita difficile al Tour de France di quello stesso anno. Proprio nella Grande Boucle, Marco si dimostra spettatore nella prima parte della gara, erano tappe che vedevano solo grandi cronometro, gare contro il tempo ma non contro la salita e Pantani era li, in attesa della fase cruciale della gara, quella che vedeva i Pirenei come protagonisti. Su quelle montagne Pantani comincia a gustare la gara e a farsi osservare dai tifosi ed esperti dell'ambiente. Mont Ventoux, Alpe d'Huez, Val Thorens, questi i luoghi che conquistano Pantani e che lo vedono protagonista con i suoi scatti e il suo carisma. Marco comincia ad esser paragonato a Charly Gaul. Ma Pantani non era solo bravo, era ostinato, caparbio e non importava il prezzo, ma l'obiettivo doveva esser raggiunto; questo si può imparare vedendolo nella tappa di Val Thorens: cade, picchia il ginocchio, il medico gli propone di salire sull'ambulanza ma lui no, rifiuta, risale sulla bici e a denti stretti vive il dolore ma giunge all'arrivo riuscendo anche a staccare i grandi rivali. E a Parigi "Pantanì", come lo chiamavano i francesi, era ancora una volta sul podio, sul gradino più basso, quello del terzo posto, ma accanto a una realtà del grande ciclismo, Miguel Indurain, vincitore del suo quarto Tour consecutivo. Nasce il primo fans-club ufficiale di Marco Pantani, il "Magico Pantani": la figura del presidente era coperta da Savini, il primo vero sostenitore del giovane ciclista. La stagione '95 si apre con tanti sogni, con l'obiettivo puntato sul podio del Giro d'Italia, specie dopo la notizia che Indurain non avrebbe partecipato al Giro per dedicarsi interamente al Tour. Il Pantani di quell’anno è sicuramente un Pantani nuovo, sia a livello psico-emotivo, visto il corposo numero di fans che in poco tempo aveva conquistato, sia nel look, taglia i pochi capelli che a 25 anni si ritrovava e si presenta completamente pelato, scelta che lo accompagnerà in tutti gli anni della sua vita. L'allenamento, in vista dell'inizio del Giro, comincia ad essere sempre più impegnativo e Marco decide di rifinire la sua preparazione al Giro di Romandia. Era il primo maggio e in vista delle ore di auto che lo attendevano per raggiungere la Svizzera, Pantani decide di fare una buona sgambata. Quel viaggio fu però annullato. Ad un incrocio un'auto non rispetta lo stop, non vede arrivare il ciclista e a Marco non resta che cercare di bloccare le ruote quando si rende conto della distrazione dell'automobilista. L'impatto è inevitabile. Poco dopo Pantani si ritroverà disteso in un lettino dell'ospedale di Rimini senza fratture ma con un trauma cranico non commotivo, ferita lacerocontusa alla regione temporale destra, contusioni al ginocchio destro, contusioni alla zona sacrale ed escoriazioni varie; resta in ospedale per due giorni dove, gli esami fatti, daranno esito negativo. Rientrato a casa si ricomincia il contatto con la bici. Le sensazioni non sono buone e questo non può che far pensare ad una sola cosa: addio Giro. E' così che l'obiettivo di Pantani si sposta dal Giro al Tour de France passando per il Giro di Svizzera dove vince la tappa La Punt - Flumserberg. Il Tour di quell' anno vede Pantani vincitore di tappa per ben due volte; la prima nella tappa Aime - Alpe D'Huez, dove a 13 km dalla vetta Pantani, sui pedali, si lancia ad inseguire i 13 corridori in fuga. Li supera ad uno ad uno, raggiunge Gotti che sta in testa al gruppo e passa anche lui. Percorre così, davanti a tutti, i 21 tornanti del percorso. Ormai è primo. A 250 m dal traguardo non gli segnalano la svolta a sinistra, ma fortunatamente è solo e l’esito finale non sarà compromesso. La vittoria è di Pantani. La seconda vittoria è quella sui Pirenei, nella tappa St. Orences de Gameville-Guzet Neige. Il Tour viene scosso però da un terribile evento, la morte di Fabio Casartelli, campione olimpionico a Barcellona '92. L'evento sconvolge Pantani, tanto da incidere sul suo rendimento, tanto da fargli finire la gara staccatissimo e fuori classifica. La stagione '95 si prolunga ancora per Marco Pantani, convocato in nazionale per il Mondiale di Duitama, in Colombia. Gli azzurri non sembrano esser baciati dalla fortuna in quella gara, ma Pantani ce la fa e sale ancora una volta sul podio, stavolta in maglia azzurra, stavolta per una medaglia, quella di bronzo. La stagione sta per chiudersi e una delle ultime fatiche è la Milano-Torino, gara di un giorno che non allettava molto il pirata ma che serviva come buon allenamento in vista del Giro di Lombardia. Sulla discesa di Pino Torinese Pantani dà sfogo alla passione per le discese a 80 km/h e va giù, seguito da Secchiari e Dall'Oglio. All'uscita da una curva i tre hanno un forte impatto con un'auto che i vigili, pensando che la gara fosse finita, fanno passare. Frattura scomposta della tibia e del perone per Marco, frattura del bacino per Secchiari e femore a pezzi per Dall'Oglio. All'evento segue per Marco un'operazione per fissare le ossa con una placca in metallo.
All'incidente seguirono 6 mesi di riabilitazione, mesi che videro nascere una grande collaborazione tra Marco e il fisioterapista Fabrizio Borra. In maniera indiretta, senza divisa ciclistica, senza bici e senza scatti, Pantani partecipa al Giro d'Italia '96; stavolta non come protagonista delle strade, ma come protagonista della sigla del Giro con la canzone “E adesso pedala”. La stagione ciclistica '97 lo vede presente in Spagna, alle classiche della Freccia Vallone e della Liegi-Bastogne-Liegi, ma il chiodo fisso di Marco, che ormai da tutti è conosciuto come “il Pirata” per la scelta di portare la bandana in testa al posto dell’anonimo cappellino, non poteva non essere il Giro d'Italia. La prima parte del Giro non lo vide protagonista; bisognava aspettare l'ultima settimana, quella delle montagne, per vedere Marco "infiammare". Ma le aspettative furono vane. Se è vero che un gatto nero non porta bene, allora è giusto dire che un gatto grigio non è da meno; proprio a causa di un gatto grigio Marco Pantani è costretto ad abbandonare la gara dopo una caduta che gli procura una lacerazione del bicipite femorale sinistro con versamento all'interno del muscolo. Non può non essere indelebile nella mente dei tifosi l'immagine di Pantani, con il dorsale numero 101, che sale in sella con la divisa lacerata, ferito e dolorante, circondato da tutta la squadra che con armonioso silenzio lo spingono per alleviare la sofferenza delle pedalate. Anche questo Giro è chiuso. Si riparte al Tour. Nessun podio a Parigi, ma Pantani da quel Tour de France torna a casa con due vittorie di tappa: la prima lo vede vincitore all'Alpe d' Huez, ancora una volta come nel '95. Questa volta Pantani scatta al primo tornante e resta in testa fino alla fine della gara mandando in delirio tutti i tifosi che non avevano dubbi: Pantani è tornato! E di questo sembra esserne sicuro anche lui, come dimostra all’arrivo, sulla sua bici gialla, tagliando il traguardo con i pugni chiusi in segno di forza e liberando il suo corpo con l’urlo di gioia dato dalla conquista. In quella gara Pantani batte il Pantani del '95 migliorando il suo tempo in salita; 37' 35" record che ancora oggi detiene. La seconda vittoria si ha nella Courchevel-Morzine, vittoria inaspettata, anche dal pirata, che a causa di una tracheite non aveva chiuso occhio tutta la notte inducendolo a dichiarare che la sua partenza il giorno dopo sarebbe stata incerta. Pantani se ne va sul Col de Joux Plane e con la stessa grinta che ha nelle salite, affronta la discesa e arriva al traguardo. Pantani entra di diritto tra i grandi del ciclismo italiano ma la sua incoronazione mondiale arriva con la stagione '98, con la doppietta Giro-Tour, roba da grandi, roba da eroi, roba che solo Marco Pantani e pochi altri possono permettersi. Quell'anno il Giro partiva da Nizza e fino all'undicesima gara nessuno aveva motivi per esultare le gesta di Marco. Nella tappa che vede l'arrivo a San Marino, Pantani arriva secondo davanti a Tonkov. Basta una montagna o un arrivo in salita e Pantani è li, in testa alla gara. Nella tredicesima tappa, la Carpi-Schio, Pantani è vittima della pioggia, una caduta fa rischiare il peggio, fortunatamente si rialza e il giorno dopo arriva la prima vittoria di tappa a Piancavallo, alla fine della quale dichiarerà “E’ stata una vittoria sofferta fino alla fine. Oggi, 4 anni dopo la prima vittoria, ho confermato di avere coraggio". E di coraggio ne aveva da vendere e se non se ne ricordava lui, c'era tutto il team a farglielo presente. La "Mercatone Uno" più che una squadra era una famiglia per Marco, lì, aveva trovato amici e non solo compagni di squadra. Nella tappa Asiago-Udine la maglia che trionfa è sempre gialla, sempre Mercatone, ma stavolta è quella di Fabiano Fontanelli che, alla vigilia dell'ultima settimana di gara e alla vigilia della prima vera tappa di montagna dedica la vittoria a lui, al Capitano e Amico Marco Pantani. E il capitano non tradisce le aspettative, proprio nella prima tappa di montagna Marco cambia maglia, veste la sua prima maglia rosa e la terrà fino all'arrivo a Milano, fino alla fine del Giro. L'ultima settimana fu una gara sofferta. Il duello era tra Pantani e Tonkov, era un susseguirsi di scatti, speranze, energie. La tappa decisiva per il Giro fu la vittoria a Plan di Montecampione. Mancano 16 km al traguardo. Pantani scatta ma Tonkov è attento e non lo lascia sfuggire. Testa a testa Pantani - Tonkov. E’ un Tonkov motivato, che non vuol perdere il giro, il suo risultato in salita è davvero ottimo. Nello scatto Pantani butta via la bandana, segno che stava bene, segno che la sua grinta in corpo stava per sfociare in grandi pedalate. Ormai era tattica; Pantani davanti a Tonkov, non vi era nessun movimento per guardare l’avversario in faccia, l’unico riferimento era l’ombra della bici che lo seguiva. Getta via occhiali e pearcing, tutto sembra pesargli. Tonkov non gli lascia un cm fino alla fine della salita, momento in cui perde la sensibilità delle gambe e delle mani, non gli resta che mollare. Pantani cerca ancora una volta l’ombra dell’avversario; ormai è solo. Scatta ancora una volta, la volta decisiva. Tonkov si siede sulla sella, stanco, sfinito. Il pirata continua a stare sui pedali fino ai 700 m dal traguardo, fino al rettilineo finale. “Marco Pantani vince, trionfa, alza le braccia al cielo” così chiude la diretta Adriano De Zan, così tutta l’Italia capisce chi è il vincitore di quel Giro. Ma il pirata non aveva ancora finito di stupire e stavolta la sfida non è contro un avversario o contro una salita, stavolta la sfida è contro il tempo in una di quelle crono che mai hanno legato con lo scalatore Pantani. E' la penultima tappa, la Mendrisio-Lugano, 34 km di crono e lui c’è, concentratissimo, deciso; la si può definire la miglior crono della sua carriera, chiude terzo con, ancora una volta, alle spalle Tonkov. Il 7 Giugno 98 arriva a Milano l'81° Giro d'Italia, Giro che vede Marco Pantani vincitore. Vincitore della maglia rosa, vincitore della maglia verde e secondo per la maglia ciclamino. Riesce a mantenere così anche la promessa fatta anni prima a nonno Sotero: "un giorno vincerò il Giro d'Italia". La vittoria viene dedicata a Luciano Pezzi, l'uomo che l'ha voluto alla Mercatone Uno e che gli ha costruito una squadra su misura.
Dopo la grande vittoria del Giro, il tempo da dedicare alla preparazione della Grande Boucle si riduce notevolmente a causa dei numerosi festeggiamenti e inviti fatti al campione. La gioia viene ridimensionata dalla morte di Pezzi, il cui cuore non ha retto e non potrà vedere Marco in maglia gialla sulle strade della Francia. Pantani si presenta quindi al Tour consapevole dell'insufficiente preparazione atletica. Ancora una volta Pantani è il protagonista delle montagne. La prima vittoria di tappa arriva con la Luchon-Plateau de Beille, dove il capitano mette la squadra davanti e, rispettando i pronostici, scatta e lascia tutti alle spalle. Adriano De Zan commenta esaltato: “Ha fatto il vuoto in pochi metri!”. Marco dedica la vittoria a Luciano Pezzi. Nella notte tra il 23 e il 24 luglio i NAS francesi irrompono negli alloggi degli atleti, un’intera squadra viene trascinata all’ospedale per controlli: tutti positivi. Il gruppo insorge. I ciclisti si rifiutano di partire a Tarascon sur Ariège. La mattina successiva si parte con 2 ore di ritardo. Infuria il caso doping e in 3 giorni si ritirano, per protesta, ben 6 squadre. Pantani si schiera dalla parte dei colleghi. Gli organizzatori della Grande Boucle sono disperati per aver perso credibilità agli occhi degli spettatori. Gli organizzatori confidano nelle opere di Pantani per far emozionare i tifosi e non far allontanare il loro amore per questo sport, e Pantani non deluderà. E' la quindicesima tappa, la Grenoble-Les Deux Alpes, e per Marco arriva la seconda vittoria. Il pirata conquista la maglia gialla. Pantani scala da solo il Col de Galibier, dove si nota un provato Ullrich in piena crisi. All’inizio della discesa mette i piedi giù dai pedali e i tifosi temono il peggio; tirano un sospiro di sollievo quando si accorgono che si era fermato solo per infilare la mantellina anti-vento. Inizia la discesa e si avventa a tutta velocità verso Les Deux Alpes. Scala con la maestria di sempre anche l’ultima asperità e arriva in cima con le braccia al cielo. Ullrich arriva con un ritardo di 9 minuti. Il giorno dopo un'altra tappa di montagna. Ullrich sfoga tutta la sua rabbia sulla Madeleine, con uno scatto di rara potenza, Pantani gli sta a ruota e in pochi secondi i due si ritrovano soli al comando. Si accordano, arrivano insieme al traguardo. Lo scandalo doping non abbandona il Tour, colpisce il team svizzero Festina. Al 32° km della diciassettesima tappa il gruppo si ferma, toglie il numero dalle maglie e percorre il resto dei km con la chiara intenzione di non voler gareggiare. La tappa viene annullata. L'arrivo a Parigi è per il 2 Agosto e Pantani è li, sul podio, vincitore del Tour de France, accanto a Gimondi presente in un immaginario passaggio di testimone. Dopo 33 lunghi anni un italiano risale sul gradino più alto del podio. Nel ’99 Pantani ritorna ad essere protagonista, stavolta accelerando i tempi, dopo solo una settimana di gara si era già conquistato tappa e maglia rosa nella Pescara-Gran Sasso. Il giorno dopo l’arrivo della tappa approda nella sua cittadina; il pirata farà una buona prestazione ma non tale da vincere quella cronometro, ma non importa, la città non può non gioire per il proprio concittadino I tifosi lo scaldano con il proprio affetto e continuano ad essere presenti anche quando Marco non è il primo a tagliare il traguardo. All’alba del giorno dopo i medici dell’UCI lo svegliano a sorpresa per un controllo del sangue, il valore dell’ematocrito del pirata è sotto la soglia consentita; ci si rimette in bici e si parte per la nuova tappa, si riparte per altre vittorie. Tappa Racconigi–Oropa; proprio mentre le asperità si fanno più dure e il ritmo dei ciclisti più intenso, proprio nell’attacco della salita finale, Pantani è vittima di un problema, salta la catena della bici, questo lo costringerà a scendere e a rimetterla a posto senza aiuto dell’ammiraglia, facendogli perdere 30 secondi. Il pirata risale in bici e spinto dalle sue qualità naturali miste alla rabbia di quanto accaduto, raggiunge il gruppo e supera 49 corridori. L’ultimo a essere raggiunto è il francese Jalabert che dovrà letteralmente spostarsi per non essere travolto dalla foga di Pantani. Non c’è spazio per nessuno neanche nella tappa Castelfranco Veneto-Alpe di Pampeago; ormai è assodato, la Mercatone Uno non vuole vincere quel Giro, lo vuole stravincere. Siamo così arrivati al 4 giugno, 9 km separano il gruppo maglia rosa dal traguardo e il pirata ha un ritardo di 35” sui fuggitivi. Mancano solo 4 km all’arrivo a Campiglio quando il pirata scatta, raggiunge i fuggitivi e lascia, ancora una volta, tutti dietro di se. Nella classifica generale è primo a più di 5 minuti da Savoldelli, secondo in classifica. Ormai il vincitore di quel Giro è designato: è Marco Pantani. Quell’ultimo scatto è l’inizio del suo show, l’inizio dello spettacolo che lo vede unico protagonista, dimostrazione che ancora una volta, il più forte è lui. Arriva al traguardo sui pedali e con le mani basse, all’arrivo non alzerà neanche le mani in segno di vittoria ma il suo sorriso vale più di mille parole e di mille gesta. E bisognerà rivederlo centinaia di volte quel sorriso e imprimerlo bene nella memoria perché quella tappa rappresenterà l’ultima sua vittoria in maglia rosa e la ragione dell’ultimo vero sorriso. La giornata del 5 giugno inizierà prima del previsto. Alle 7:15 i medici dell’UCI sono già alle prese con l’ennesimo esame del sangue per Marco Pantani. Con la fine del Giro d’Italia ormai alle porte, con la maglia rosa addosso, due prelievi già effettuati in precedenti tappe che avevano dato esito negativo, il pirata si trova ancora una volta davanti a quei medici per l’ennesimo controllo. L’umore del campione era quello di chi viene svegliato prima del previsto, con sulle gambe i km delle tappe precedenti e con il pensiero di chi ne deve ancora percorrere; nessuna preoccupazione per le analisi. Il responso dei medici invece boccerà quella sicurezza personale e proclama un valore inatteso: 52 quel valore significava valore fuori norma, significava abbandono della maglia rosa, della gara e del titolo di vincitore. La disperazione di Pantani e del team, che seguì a quel valore, non fu tanto per la perdita di una vittoria che già ci si sentiva in tasca, quanto per l’assurdità dell’evento. L’accoppiata “Pantani” e “fuori norma” non era un’accoppiata possibile. Si parla subito di complotto ai danni di Marco Pantani. Arriva la disperazione di Marco, il non accettare la situazione, il cercare di capire perché lui, a chi potesse star scomodo, chi poteva volere Pantani fuori dai giochi. Le motivazioni che possono far pensare a un complotto sono diverse, prova determinante sono le “voci di corridoio” della sera prima che parlavano di un Pantani assente dalla partenza di Campiglio nella mattina successiva, proprio in quel 5 giugno. A quel valore fuori norma segue la richiesta di un nuovo prelievo per ripetere le analisi. La proposta viene rifiutata in quanto non consentita. Le analisi vengono ripetute sullo stesso campione di sangue e l’esito non poteva che essere identico. Il regolamento non prevedeva controanalisi diverse, grossa lacuna il prendere in considerazione solo un possibile errore meccanico e non un possibile “errore” umano. Le controanalisi vengono fatte perché si pensa che le macchine siano state tarate erroneamente e non si pensa che qualcuno poteva, anche non volutamente, alterare il campione di sangue. Pantani farà delle analisi in un centro esterno e questo non confermerà l’esito dei medici UCI, ma a quel punto nessuno gli crede. Pantani deve tornare a casa e non perché, come crede lui, è stato vittima di un complotto in quanto elemento scomodo, quanto per “preservare” la sua salute. Viene abbandonata la maglia rosa e ritirati alla cassa 15 giorni di squalifica. Le sue dichiarazioni all’uscita dell’hotel furono: “Credo che c’è qualcosa di strano, sono ripartito dopo dei grossi incidenti ma moralmente credo che questa volta abbiamo toccato il fondo”. Con una felpa grigia addosso, l’umore in tinta con l’abbigliamento e circondato da numerosi carabinieri, viene scortato fino all’auto, sale e se ne va. Con quella macchina se ne va il campione, l’uomo, lo sportivo, lo scalatore, colui che aveva permesso al ciclismo di avere risonanza internazionale, colui che aveva fatto battere all’impazzata i cuori dei tifosi e che aveva permesso di piangere di gioia ad ogni sua vittoria. Con quell’auto se ne va Marco Pantani e sfortunatamente, per chi ama il ciclismo, Marco Pantani non tornerà più. PANTANI QUELLA MATTINA SMETTE DI VIVERE E COMINCERÀ SOLO AD ESISTERE. La squadra rifiuta di presentarsi alla partenza della tappa; senza il Capitano non si va da nessuna parte. Savoldelli, secondo in classifica generale, diventato primo per l’esclusione di Pantani, rifiuta di indossare la maglia rosa, il falco non si vuole appropriare di roba che non si è guadagnato. Da quel giorno è un susseguirsi di interviste, articoli, dichiarazioni su giornali, quotidiani, riviste, internet e tv. Tutti contro uno, tutti contro Pantani. Sembra aver inizio la corsa al premio “chi gli fa più male”: accuse, etichette di dopato, a quel ciclista che non è stato mai trovato positivo, ci si inventa di tutto, più si facevano accuse e più ci si sentiva grandi. Grandi si saranno sentiti anche quei ciclisti che finalmente vedevano volare via l’ostacolo più difficile da superare. In molti si saranno fatte grasse risate, in molti avranno festeggiato, visto che le voci di corridoio della sera prima non erano poi così tanto infondate. Ed è tutto questo clima, questa sfiducia e questo etichettamento che gira intorno al pirata, che lo allontanano sempre più. Vane sono state le sue dichiarazioni, vani sono stati i tentativi di dialogo; Marco non ci stava, ancora una volta era la voce fuori dal coro, ancora una volta andava avanti con le sue idee anche se gli sarebbe costato meno accettare silenziosamente i 15 giorni di squalifica. Accettarli e tornare sulle strade come se nulla fosse successo nulla significava però far passare per reali le dichiarazioni fatte sulla sua persona e questo Marco non poteva accettarlo. Pantani non parteciperà al Tour ’99, il dolore dato dal 5 giugno e la sfiducia per quello sport che aveva sempre amato non lo aiutano a reagire. Il Tour de France sarà vinto da Lance Armstrong il quale affermerà che il vincitore sarebbe stato probabilmente diverso se avesse partecipato Marco Pantani. E su questo i tifosi non possono che dargli ragione. L’atmosfera amicale che aveva sempre regnato nella Mercatone Uno, nel 2000 sembra cambiare, Pantani non è più il Marco di una volta e il pensare che anche i suoi compagni lo vedono con un occhio diverso lo fa sentire un estraneo in quella che era la sua seconda casa. Le sensazioni in gara non sono eccezionali, ma quando mancavano le vittorie a far riempire il cuore, arrivano i suoi gesti a colmare quel vuoto. Sull’ Izoard Marco scatta più volte per fiaccare la resistenza dei maggiori rivali, ma vedendo il compagno Garzelli in difficoltà decide di aspettarlo e di rinunciare alla sua azione. Si mette a disposizione di Garzelli, gli passa anche le borracce che lui stesso era andato a prendere in ammiraglia, lo scorta fino ai piedi della salita che conduceva al traguardo, solo allora mette da parte il suo servizievole aiuto e corre verso il traguardo, ma ormai era tardi, arriva secondo a Briancon. In un dialogo confidenziale successivamente dirà: “oggi ho voluto far capire che il capitano ha bisogno dei suoi gregari, ma quando un gregario ha bisogno del capitano, il capitano è il primo che deve dimostrare di poter dare un aiuto”. Dopo 13 mesi e 8 giorni, Pantani è ancora su quell’oggetto che ha segnato tutta la sua vita e su quella sella che gli permetterà di scrivere un altro capolavoro ciclistico. Siamo sul Mont Ventoux, monte ventoso, e si toccano i 1700 m di altezza. La respirazione diventa più difficile ma, ne le asperità ne la respirazione difficoltosa, sembrano fermarlo. Continua a salire col proprio passo, dopo aver emozionato con una serie dei suoi scatti, supera Ullrich e Armstrong; quest’ultimo non se lo lascia scappare, ormai la sfida è tra i due. C’è intesa, oltre all’indiscussa rivalità, e i cambi sono regolari. La curva conclusiva vede Pantani tagliare il traguardo e mister Lance arrivare secondo in maglia gialla. Ma Pantani non ama molto tagliare il traguardo in compagnia di altri corridori e dovrà aspettare qualche giorno per potersi gustare uno dei suoi arrivi trionfali, bisognerà attendere Courchevel. All’attacco decisivo del Panta, Armstrong non risponde e arriverà con 5’ 34” di ritardo. Alla fine della gara il texano dichiarerà di aver sbagliato nel regalare la vittoria del Mont Ventoux perché quel giorno lui era superiore a Pantani, cosa che non poteva non dare fastidio a quest’ultimo che non si era mai fatto regalare nulla e si era sempre tutto guadagnato. Ai tifosi non può che nascere un sorriso se si ripensa all’opera di un Pantani con una preparazione di 23 giorni e un Armstrong che aveva puntato tutta la stagione sul Tour. Ancora una volta i confronti non reggono. Il Tour sarà abbandonato da Pantani poco dopo, per una forte crisi intestinale.
Alla fine dell’estate 2000, Pantani comincia a prepararsi per le Olimpiadi di Sidney. Si presenta a Roma per gli esami imposti dal CONI. Nonostante il valore dell’ematocrito fosse nella norma, variava a seconda del laboratorio di analisi. Alla vigilia delle Olimpiadi scoppia polemica tra il CONI e la Commissione scientifica e antidoping; quest’ultima evidenziava in una lettera confidenziale, che divenne però subito di dominio pubblico, l’anomalia su una variazione del tasso di ematocrito. Gimondi si schiera senza nessuna preoccupazione dalla parte di Pantani dichiarando che non gli era pervenuta nessuna comunicazione di valori preoccupanti su nessun suo atleta e che quindi sicuramente quelle anomalie non riguardavano Pantani; ancora più forte la presa di posizione del presidente dell’ Associazione corridori che parla di malafede di chi vuol mettere in cattiva luce atleti italiani anche davanti a dati evidenti, quali la negatività ai controlli medici disposti dal CONI. Ancora una volta per Pantani l’ambiente era soffocante, continuavano a nascere dichiarazioni negative infondate, cosa che lo fecero pentire di aver accettato la convocazione in nazionale facendogli perdere la serenità del vivere quell’importante evento. La gara olimpica fu un insuccesso per tutti gli italiani partecipanti, il percorso non sposava le caratteristiche di questi, ma anche in questo caso le maggior critiche furono fatte a Marco Pantani. La stagione del 2001 si apre con la partecipazione al Giro del Trentino, che sarebbe servita a Marco come preparazione al Giro D’Italia e soprattutto al Tour de France che voleva conquistare, specie dopo le vicende della stagione precedente. Proprio durante il Giro del Trentino arriva una notizia inaspettata: Leblanc, patron della Grande Boucle, chiude la porta in faccia a Marco Pantani e alla Mercatone Uno non permettendogli di partecipare. Un altro boccone difficile da mandare giù.
Le notizie che arrivano su Marco Pantani negli anni 2001 e 2002 sono poche, frammentarie e per nulla incoraggianti; si parla di depressione, si parla di uso di droghe. Pantani diventa, agli occhi dei più, invisibile. Ai tifosi non resta che sperare in un suo ritorno, in un ritorno di emozioni, di scatti, di vittorie. Rimarranno sempre vicini al proprio pirata; saranno sempre presenti sulle strade delle maggiori corse di stagione con uno striscione, con una maglia e portando i suoi colori lo inciteranno per un ritorno sulle strade. Quei tifosi rivedono il loro campionissimo al Giro d’Italia del 2003, invecchiato dal dolore, ingrassato dall’assenza di attività fisica e con gli occhi tristi di chi non sa più cosa sia la serenità, la gioia e il piacere della vita. Promette che in quel giro avrebbe regalato una delle sue imprese e il pirata mantiene sempre le promesse. Bisognerà attendere la tappa del Monte Zoncolan per rivedere quel Pantani che faceva mancare il fiato con i suoi scatti. Bastava poco per far gioire ancora una volta quei tifosi orfani del loro campione. Uno, due, tre scatti, Pantani c’era e tutti erano li a spingerlo virtualmente per non far mollare quell’omino che ancora una volta riusciva a far infuriare gli avversari, e in particolar modo in quella occasione la maglia rosa Simoni che non è riuscito a metter da parte la voglia di primeggiare. A un km dall’arrivo Pantani comincia a sentire il fiato mancare, a sentire la stanchezza e concluderà la tappa arrivando quinto ma avendo regalato una delle sue spettacolari imprese. Proprio su quel Monte con pendenze che toccavano anche il 22 proprio con quella impresa, mantenendo la promessa di una bella impresa, Marco Pantani si farà vedere in veste di ciclista per l’ultima volta. Sparisce nuovamente. Finisce la stagione sportiva. Arriva il nuovo anno, il 2004, e il nome di Marco Pantani riempie nuovamente le pagine dei giornali e i blocchi dei vari tg; è il 14 Febbraio, il giorno degli innamorati, e ancora una volta Marco Pantani, il pirata nazionale, l’uomo Mercatone, quello che ha fatto piangere di gioia chi ama il mondo del ciclismo e non solo, fa nuovamente scendere le lacrime sul volto della nazione intera, stavolta lacrime di dolore, stavolta per piangere la sua morte. Marco Pantani sarà ritrovato morto in una camera del residence Le Rose di Rimini, stroncato da un’overdose di cocaina. Se n’è andato e stavolta per sempre. Giunge la morte fisica dopo la morte psichica del 5 giugno ’99. Disperazione, sgomento, paura, dolore e vuoto, ecco cosa lascia a chi lo ha e continua ad amarlo, un immenso vuoto che rimarrà incolmabile.
Rossella Vilardi
ar gruppo con i ragazzi ciclisti che si radunavano nel piazzale davanti il suo condominio. Non passa molto tempo e Pantani è li, con una Vicini grigio metallizzato concessa dal G.S. Fausto Coppi, a correre con gli altri ciclisti del gruppo. La prima bici gli viene regalata da nonno Sotero, una vicini Tour de France di colore rosso e da quel momento diviene il suo gioiello più prezioso; la bici viene pulita, lavata ed asciugata dopo ogni uscita, la compagna perfetta per le salite di tutta la Romagna. Usciva da solo e mancava tutto il pomeriggio, poi con i suoi 150 km sulle gambe ritornava soddisfatto a casa a raccontare ai genitori, preoccupati invece per quel figlio che spariva per ore, le sue imprese; in gruppo non era da meno, si faceva superare da tutti i ragazzi e proprio quando cominciava la salita li staccava uno per uno, rimettendosi in testa al gruppo, cosa che non solo faceva in allenamento ma che avrebbe continuato a fare anche nelle grandi corse. Era il 22 aprile 1984 e Marco Pantani vince la sua prima gara come esordiente a Case Castagnola. I successi di Marco non furono numerosi, considerando che agli esordienti erano dedicati per la maggior parte percorsi pianeggianti, ma bastava anche solo un cavalcavia per permettere a Marco di staccare tutti. A 15 anni Marco è nella categoria allievi e nessuno, nè papà Paolo, nè Vittorio Savini, direttore sportivo di Marco delle tre stagioni precedenti, possono dimenticare la vittoria della Forlì-Monte Coronaro. Grandi imprese, indimenticabili gesta, ma anche indimenticabili cadute; è segnato proprio da queste il 1986, la prima nella discesa di Sant' Arcangelo dove viene travolto da un'auto che arrivava dal senso opposto, la seconda vede Pantani sbattere contro un camion durante una volata con i compagni d'allenamento; nella prima rischia la vita per lo spappolamento della milza, la seconda gli procura ferite al volto e la visibile cicatrice sopra il labbro superiore. Finite le medie, papà Paolo lo convince a iscriversi all'istituto tecnico con indirizzo radiotecnico di Cesena, ma i progetti di Marco erano altri e prevedevano solo un oggetto, la sua bici; riparare radio e tv rimarrà comunque un hobby. Non finirà mai la scuola ma riuscirà a vincere la sfida contro il padre, facendolo sentire fiero di lui. Nel 1989 passa alla categoria Dilettanti, prima con la S.C Rinascita Ravenna e nel 1990 nel G.S. Giacobazzi.
A 22 anni vince il Trofeo Matteotti, vince il Giro d’Italia Dilettanti guadagnando 5 minuti su Casagrande e Belli; oltre alla vittoria Pantani si è guadagnato il biglietto d'ingresso per il mondo del professionismo, firmando il suo primo contratto con la Carrera-Tassoni. Chiude la carriera pre-professionale con 4 vittorie da Esordiente, 5 da Allievo, 4 da Juniores e 15 da Dilettante. Il 5 agosto 1992 Marco Pantani debutta ufficialmente nel professionismo in occasione del Gran Premio di Camaiore. La vera stagione inizia con la partecipazione al Giro d'Italia dove viene affidato all'occhio vigile di capitan Chiappucci. Pantani si ritirerà, contro la sua volontà, per problemi di tendinite, a quattro tappe dalla fine, quando era 18° in classifica generale. La stagione ‘94 può essere definita quella del riscatto, la prima vera importante stagione di Pantani. Quarto al Giro del Trentino e al Giro di Toscana, con questi risultati Pantani si presenta al Giro d'Italia di quell'anno, Giro, che grazie alle due vittorie di tappa, gli permettono di non esser più l'anonimo ragazzino romagnolo ma di diventare uno dei nomi più in vista del ciclismo italiano. La prima tappa che lo vede vincitore è la Linz-Merano: a 3 km dalla vetta del Passo di Giovo, Pantani è con i primi, raggiunge capitan Chiappucci, poche frasi ma determinanti, l'ok del capitano per allontarsi dal gruppo e Pantani va, guadagna in discesa e si ritrova primo nella tappa del giorno con alle spalle Bugno e proprio capitan Chiappucci. Il giorno dopo, nella tappa Merano-Aprica, si ripete la scena finale; in fuga il capitano con un gruppetto di ciclisti, all'inizio del Mortirolo Pantani esce dal gruppo degli inseguitori, raggiunge il capitano in fuga che anche questa volta gli da l'ok per attaccare, Pantani va, con il russo Berzin, che cerca di stargli dietro, e Indurain che invece sale con il suo passo. Sul Santa Cristina, l'ultima asperità della giornata, Pantani piazza il suo ennesimo scatto e vola da solo a conquistare la sua seconda vittoria di tappa consecutiva conquistando tutti. Il Giro si chiude e Marco è li sul podio, secondo, davanti a Miguel Indurain, cosa che quest’ultimo non gli avrebbe mai perdonato rendendogli la vita difficile al Tour de France di quello stesso anno. Proprio nella Grande Boucle, Marco si dimostra spettatore nella prima parte della gara, erano tappe che vedevano solo grandi cronometro, gare contro il tempo ma non contro la salita e Pantani era li, in attesa della fase cruciale della gara, quella che vedeva i Pirenei come protagonisti. Su quelle montagne Pantani comincia a gustare la gara e a farsi osservare dai tifosi ed esperti dell'ambiente. Mont Ventoux, Alpe d'Huez, Val Thorens, questi i luoghi che conquistano Pantani e che lo vedono protagonista con i suoi scatti e il suo carisma. Marco comincia ad esser paragonato a Charly Gaul. Ma Pantani non era solo bravo, era ostinato, caparbio e non importava il prezzo, ma l'obiettivo doveva esser raggiunto; questo si può imparare vedendolo nella tappa di Val Thorens: cade, picchia il ginocchio, il medico gli propone di salire sull'ambulanza ma lui no, rifiuta, risale sulla bici e a denti stretti vive il dolore ma giunge all'arrivo riuscendo anche a staccare i grandi rivali. E a Parigi "Pantanì", come lo chiamavano i francesi, era ancora una volta sul podio, sul gradino più basso, quello del terzo posto, ma accanto a una realtà del grande ciclismo, Miguel Indurain, vincitore del suo quarto Tour consecutivo. Nasce il primo fans-club ufficiale di Marco Pantani, il "Magico Pantani": la figura del presidente era coperta da Savini, il primo vero sostenitore del giovane ciclista. La stagione '95 si apre con tanti sogni, con l'obiettivo puntato sul podio del Giro d'Italia, specie dopo la notizia che Indurain non avrebbe partecipato al Giro per dedicarsi interamente al Tour. Il Pantani di quell’anno è sicuramente un Pantani nuovo, sia a livello psico-emotivo, visto il corposo numero di fans che in poco tempo aveva conquistato, sia nel look, taglia i pochi capelli che a 25 anni si ritrovava e si presenta completamente pelato, scelta che lo accompagnerà in tutti gli anni della sua vita. L'allenamento, in vista dell'inizio del Giro, comincia ad essere sempre più impegnativo e Marco decide di rifinire la sua preparazione al Giro di Romandia. Era il primo maggio e in vista delle ore di auto che lo attendevano per raggiungere la Svizzera, Pantani decide di fare una buona sgambata. Quel viaggio fu però annullato. Ad un incrocio un'auto non rispetta lo stop, non vede arrivare il ciclista e a Marco non resta che cercare di bloccare le ruote quando si rende conto della distrazione dell'automobilista. L'impatto è inevitabile. Poco dopo Pantani si ritroverà disteso in un lettino dell'ospedale di Rimini senza fratture ma con un trauma cranico non commotivo, ferita lacerocontusa alla regione temporale destra, contusioni al ginocchio destro, contusioni alla zona sacrale ed escoriazioni varie; resta in ospedale per due giorni dove, gli esami fatti, daranno esito negativo. Rientrato a casa si ricomincia il contatto con la bici. Le sensazioni non sono buone e questo non può che far pensare ad una sola cosa: addio Giro. E' così che l'obiettivo di Pantani si sposta dal Giro al Tour de France passando per il Giro di Svizzera dove vince la tappa La Punt - Flumserberg. Il Tour di quell' anno vede Pantani vincitore di tappa per ben due volte; la prima nella tappa Aime - Alpe D'Huez, dove a 13 km dalla vetta Pantani, sui pedali, si lancia ad inseguire i 13 corridori in fuga. Li supera ad uno ad uno, raggiunge Gotti che sta in testa al gruppo e passa anche lui. Percorre così, davanti a tutti, i 21 tornanti del percorso. Ormai è primo. A 250 m dal traguardo non gli segnalano la svolta a sinistra, ma fortunatamente è solo e l’esito finale non sarà compromesso. La vittoria è di Pantani. La seconda vittoria è quella sui Pirenei, nella tappa St. Orences de Gameville-Guzet Neige. Il Tour viene scosso però da un terribile evento, la morte di Fabio Casartelli, campione olimpionico a Barcellona '92. L'evento sconvolge Pantani, tanto da incidere sul suo rendimento, tanto da fargli finire la gara staccatissimo e fuori classifica. La stagione '95 si prolunga ancora per Marco Pantani, convocato in nazionale per il Mondiale di Duitama, in Colombia. Gli azzurri non sembrano esser baciati dalla fortuna in quella gara, ma Pantani ce la fa e sale ancora una volta sul podio, stavolta in maglia azzurra, stavolta per una medaglia, quella di bronzo. La stagione sta per chiudersi e una delle ultime fatiche è la Milano-Torino, gara di un giorno che non allettava molto il pirata ma che serviva come buon allenamento in vista del Giro di Lombardia. Sulla discesa di Pino Torinese Pantani dà sfogo alla passione per le discese a 80 km/h e va giù, seguito da Secchiari e Dall'Oglio. All'uscita da una curva i tre hanno un forte impatto con un'auto che i vigili, pensando che la gara fosse finita, fanno passare. Frattura scomposta della tibia e del perone per Marco, frattura del bacino per Secchiari e femore a pezzi per Dall'Oglio. All'evento segue per Marco un'operazione per fissare le ossa con una placca in metallo.
All'incidente seguirono 6 mesi di riabilitazione, mesi che videro nascere una grande collaborazione tra Marco e il fisioterapista Fabrizio Borra. In maniera indiretta, senza divisa ciclistica, senza bici e senza scatti, Pantani partecipa al Giro d'Italia '96; stavolta non come protagonista delle strade, ma come protagonista della sigla del Giro con la canzone “E adesso pedala”. La stagione ciclistica '97 lo vede presente in Spagna, alle classiche della Freccia Vallone e della Liegi-Bastogne-Liegi, ma il chiodo fisso di Marco, che ormai da tutti è conosciuto come “il Pirata” per la scelta di portare la bandana in testa al posto dell’anonimo cappellino, non poteva non essere il Giro d'Italia. La prima parte del Giro non lo vide protagonista; bisognava aspettare l'ultima settimana, quella delle montagne, per vedere Marco "infiammare". Ma le aspettative furono vane. Se è vero che un gatto nero non porta bene, allora è giusto dire che un gatto grigio non è da meno; proprio a causa di un gatto grigio Marco Pantani è costretto ad abbandonare la gara dopo una caduta che gli procura una lacerazione del bicipite femorale sinistro con versamento all'interno del muscolo. Non può non essere indelebile nella mente dei tifosi l'immagine di Pantani, con il dorsale numero 101, che sale in sella con la divisa lacerata, ferito e dolorante, circondato da tutta la squadra che con armonioso silenzio lo spingono per alleviare la sofferenza delle pedalate. Anche questo Giro è chiuso. Si riparte al Tour. Nessun podio a Parigi, ma Pantani da quel Tour de France torna a casa con due vittorie di tappa: la prima lo vede vincitore all'Alpe d' Huez, ancora una volta come nel '95. Questa volta Pantani scatta al primo tornante e resta in testa fino alla fine della gara mandando in delirio tutti i tifosi che non avevano dubbi: Pantani è tornato! E di questo sembra esserne sicuro anche lui, come dimostra all’arrivo, sulla sua bici gialla, tagliando il traguardo con i pugni chiusi in segno di forza e liberando il suo corpo con l’urlo di gioia dato dalla conquista. In quella gara Pantani batte il Pantani del '95 migliorando il suo tempo in salita; 37' 35" record che ancora oggi detiene. La seconda vittoria si ha nella Courchevel-Morzine, vittoria inaspettata, anche dal pirata, che a causa di una tracheite non aveva chiuso occhio tutta la notte inducendolo a dichiarare che la sua partenza il giorno dopo sarebbe stata incerta. Pantani se ne va sul Col de Joux Plane e con la stessa grinta che ha nelle salite, affronta la discesa e arriva al traguardo. Pantani entra di diritto tra i grandi del ciclismo italiano ma la sua incoronazione mondiale arriva con la stagione '98, con la doppietta Giro-Tour, roba da grandi, roba da eroi, roba che solo Marco Pantani e pochi altri possono permettersi. Quell'anno il Giro partiva da Nizza e fino all'undicesima gara nessuno aveva motivi per esultare le gesta di Marco. Nella tappa che vede l'arrivo a San Marino, Pantani arriva secondo davanti a Tonkov. Basta una montagna o un arrivo in salita e Pantani è li, in testa alla gara. Nella tredicesima tappa, la Carpi-Schio, Pantani è vittima della pioggia, una caduta fa rischiare il peggio, fortunatamente si rialza e il giorno dopo arriva la prima vittoria di tappa a Piancavallo, alla fine della quale dichiarerà “E’ stata una vittoria sofferta fino alla fine. Oggi, 4 anni dopo la prima vittoria, ho confermato di avere coraggio". E di coraggio ne aveva da vendere e se non se ne ricordava lui, c'era tutto il team a farglielo presente. La "Mercatone Uno" più che una squadra era una famiglia per Marco, lì, aveva trovato amici e non solo compagni di squadra. Nella tappa Asiago-Udine la maglia che trionfa è sempre gialla, sempre Mercatone, ma stavolta è quella di Fabiano Fontanelli che, alla vigilia dell'ultima settimana di gara e alla vigilia della prima vera tappa di montagna dedica la vittoria a lui, al Capitano e Amico Marco Pantani. E il capitano non tradisce le aspettative, proprio nella prima tappa di montagna Marco cambia maglia, veste la sua prima maglia rosa e la terrà fino all'arrivo a Milano, fino alla fine del Giro. L'ultima settimana fu una gara sofferta. Il duello era tra Pantani e Tonkov, era un susseguirsi di scatti, speranze, energie. La tappa decisiva per il Giro fu la vittoria a Plan di Montecampione. Mancano 16 km al traguardo. Pantani scatta ma Tonkov è attento e non lo lascia sfuggire. Testa a testa Pantani - Tonkov. E’ un Tonkov motivato, che non vuol perdere il giro, il suo risultato in salita è davvero ottimo. Nello scatto Pantani butta via la bandana, segno che stava bene, segno che la sua grinta in corpo stava per sfociare in grandi pedalate. Ormai era tattica; Pantani davanti a Tonkov, non vi era nessun movimento per guardare l’avversario in faccia, l’unico riferimento era l’ombra della bici che lo seguiva. Getta via occhiali e pearcing, tutto sembra pesargli. Tonkov non gli lascia un cm fino alla fine della salita, momento in cui perde la sensibilità delle gambe e delle mani, non gli resta che mollare. Pantani cerca ancora una volta l’ombra dell’avversario; ormai è solo. Scatta ancora una volta, la volta decisiva. Tonkov si siede sulla sella, stanco, sfinito. Il pirata continua a stare sui pedali fino ai 700 m dal traguardo, fino al rettilineo finale. “Marco Pantani vince, trionfa, alza le braccia al cielo” così chiude la diretta Adriano De Zan, così tutta l’Italia capisce chi è il vincitore di quel Giro. Ma il pirata non aveva ancora finito di stupire e stavolta la sfida non è contro un avversario o contro una salita, stavolta la sfida è contro il tempo in una di quelle crono che mai hanno legato con lo scalatore Pantani. E' la penultima tappa, la Mendrisio-Lugano, 34 km di crono e lui c’è, concentratissimo, deciso; la si può definire la miglior crono della sua carriera, chiude terzo con, ancora una volta, alle spalle Tonkov. Il 7 Giugno 98 arriva a Milano l'81° Giro d'Italia, Giro che vede Marco Pantani vincitore. Vincitore della maglia rosa, vincitore della maglia verde e secondo per la maglia ciclamino. Riesce a mantenere così anche la promessa fatta anni prima a nonno Sotero: "un giorno vincerò il Giro d'Italia". La vittoria viene dedicata a Luciano Pezzi, l'uomo che l'ha voluto alla Mercatone Uno e che gli ha costruito una squadra su misura.
Dopo la grande vittoria del Giro, il tempo da dedicare alla preparazione della Grande Boucle si riduce notevolmente a causa dei numerosi festeggiamenti e inviti fatti al campione. La gioia viene ridimensionata dalla morte di Pezzi, il cui cuore non ha retto e non potrà vedere Marco in maglia gialla sulle strade della Francia. Pantani si presenta quindi al Tour consapevole dell'insufficiente preparazione atletica. Ancora una volta Pantani è il protagonista delle montagne. La prima vittoria di tappa arriva con la Luchon-Plateau de Beille, dove il capitano mette la squadra davanti e, rispettando i pronostici, scatta e lascia tutti alle spalle. Adriano De Zan commenta esaltato: “Ha fatto il vuoto in pochi metri!”. Marco dedica la vittoria a Luciano Pezzi. Nella notte tra il 23 e il 24 luglio i NAS francesi irrompono negli alloggi degli atleti, un’intera squadra viene trascinata all’ospedale per controlli: tutti positivi. Il gruppo insorge. I ciclisti si rifiutano di partire a Tarascon sur Ariège. La mattina successiva si parte con 2 ore di ritardo. Infuria il caso doping e in 3 giorni si ritirano, per protesta, ben 6 squadre. Pantani si schiera dalla parte dei colleghi. Gli organizzatori della Grande Boucle sono disperati per aver perso credibilità agli occhi degli spettatori. Gli organizzatori confidano nelle opere di Pantani per far emozionare i tifosi e non far allontanare il loro amore per questo sport, e Pantani non deluderà. E' la quindicesima tappa, la Grenoble-Les Deux Alpes, e per Marco arriva la seconda vittoria. Il pirata conquista la maglia gialla. Pantani scala da solo il Col de Galibier, dove si nota un provato Ullrich in piena crisi. All’inizio della discesa mette i piedi giù dai pedali e i tifosi temono il peggio; tirano un sospiro di sollievo quando si accorgono che si era fermato solo per infilare la mantellina anti-vento. Inizia la discesa e si avventa a tutta velocità verso Les Deux Alpes. Scala con la maestria di sempre anche l’ultima asperità e arriva in cima con le braccia al cielo. Ullrich arriva con un ritardo di 9 minuti. Il giorno dopo un'altra tappa di montagna. Ullrich sfoga tutta la sua rabbia sulla Madeleine, con uno scatto di rara potenza, Pantani gli sta a ruota e in pochi secondi i due si ritrovano soli al comando. Si accordano, arrivano insieme al traguardo. Lo scandalo doping non abbandona il Tour, colpisce il team svizzero Festina. Al 32° km della diciassettesima tappa il gruppo si ferma, toglie il numero dalle maglie e percorre il resto dei km con la chiara intenzione di non voler gareggiare. La tappa viene annullata. L'arrivo a Parigi è per il 2 Agosto e Pantani è li, sul podio, vincitore del Tour de France, accanto a Gimondi presente in un immaginario passaggio di testimone. Dopo 33 lunghi anni un italiano risale sul gradino più alto del podio. Nel ’99 Pantani ritorna ad essere protagonista, stavolta accelerando i tempi, dopo solo una settimana di gara si era già conquistato tappa e maglia rosa nella Pescara-Gran Sasso. Il giorno dopo l’arrivo della tappa approda nella sua cittadina; il pirata farà una buona prestazione ma non tale da vincere quella cronometro, ma non importa, la città non può non gioire per il proprio concittadino I tifosi lo scaldano con il proprio affetto e continuano ad essere presenti anche quando Marco non è il primo a tagliare il traguardo. All’alba del giorno dopo i medici dell’UCI lo svegliano a sorpresa per un controllo del sangue, il valore dell’ematocrito del pirata è sotto la soglia consentita; ci si rimette in bici e si parte per la nuova tappa, si riparte per altre vittorie. Tappa Racconigi–Oropa; proprio mentre le asperità si fanno più dure e il ritmo dei ciclisti più intenso, proprio nell’attacco della salita finale, Pantani è vittima di un problema, salta la catena della bici, questo lo costringerà a scendere e a rimetterla a posto senza aiuto dell’ammiraglia, facendogli perdere 30 secondi. Il pirata risale in bici e spinto dalle sue qualità naturali miste alla rabbia di quanto accaduto, raggiunge il gruppo e supera 49 corridori. L’ultimo a essere raggiunto è il francese Jalabert che dovrà letteralmente spostarsi per non essere travolto dalla foga di Pantani. Non c’è spazio per nessuno neanche nella tappa Castelfranco Veneto-Alpe di Pampeago; ormai è assodato, la Mercatone Uno non vuole vincere quel Giro, lo vuole stravincere. Siamo così arrivati al 4 giugno, 9 km separano il gruppo maglia rosa dal traguardo e il pirata ha un ritardo di 35” sui fuggitivi. Mancano solo 4 km all’arrivo a Campiglio quando il pirata scatta, raggiunge i fuggitivi e lascia, ancora una volta, tutti dietro di se. Nella classifica generale è primo a più di 5 minuti da Savoldelli, secondo in classifica. Ormai il vincitore di quel Giro è designato: è Marco Pantani. Quell’ultimo scatto è l’inizio del suo show, l’inizio dello spettacolo che lo vede unico protagonista, dimostrazione che ancora una volta, il più forte è lui. Arriva al traguardo sui pedali e con le mani basse, all’arrivo non alzerà neanche le mani in segno di vittoria ma il suo sorriso vale più di mille parole e di mille gesta. E bisognerà rivederlo centinaia di volte quel sorriso e imprimerlo bene nella memoria perché quella tappa rappresenterà l’ultima sua vittoria in maglia rosa e la ragione dell’ultimo vero sorriso. La giornata del 5 giugno inizierà prima del previsto. Alle 7:15 i medici dell’UCI sono già alle prese con l’ennesimo esame del sangue per Marco Pantani. Con la fine del Giro d’Italia ormai alle porte, con la maglia rosa addosso, due prelievi già effettuati in precedenti tappe che avevano dato esito negativo, il pirata si trova ancora una volta davanti a quei medici per l’ennesimo controllo. L’umore del campione era quello di chi viene svegliato prima del previsto, con sulle gambe i km delle tappe precedenti e con il pensiero di chi ne deve ancora percorrere; nessuna preoccupazione per le analisi. Il responso dei medici invece boccerà quella sicurezza personale e proclama un valore inatteso: 52 quel valore significava valore fuori norma, significava abbandono della maglia rosa, della gara e del titolo di vincitore. La disperazione di Pantani e del team, che seguì a quel valore, non fu tanto per la perdita di una vittoria che già ci si sentiva in tasca, quanto per l’assurdità dell’evento. L’accoppiata “Pantani” e “fuori norma” non era un’accoppiata possibile. Si parla subito di complotto ai danni di Marco Pantani. Arriva la disperazione di Marco, il non accettare la situazione, il cercare di capire perché lui, a chi potesse star scomodo, chi poteva volere Pantani fuori dai giochi. Le motivazioni che possono far pensare a un complotto sono diverse, prova determinante sono le “voci di corridoio” della sera prima che parlavano di un Pantani assente dalla partenza di Campiglio nella mattina successiva, proprio in quel 5 giugno. A quel valore fuori norma segue la richiesta di un nuovo prelievo per ripetere le analisi. La proposta viene rifiutata in quanto non consentita. Le analisi vengono ripetute sullo stesso campione di sangue e l’esito non poteva che essere identico. Il regolamento non prevedeva controanalisi diverse, grossa lacuna il prendere in considerazione solo un possibile errore meccanico e non un possibile “errore” umano. Le controanalisi vengono fatte perché si pensa che le macchine siano state tarate erroneamente e non si pensa che qualcuno poteva, anche non volutamente, alterare il campione di sangue. Pantani farà delle analisi in un centro esterno e questo non confermerà l’esito dei medici UCI, ma a quel punto nessuno gli crede. Pantani deve tornare a casa e non perché, come crede lui, è stato vittima di un complotto in quanto elemento scomodo, quanto per “preservare” la sua salute. Viene abbandonata la maglia rosa e ritirati alla cassa 15 giorni di squalifica. Le sue dichiarazioni all’uscita dell’hotel furono: “Credo che c’è qualcosa di strano, sono ripartito dopo dei grossi incidenti ma moralmente credo che questa volta abbiamo toccato il fondo”. Con una felpa grigia addosso, l’umore in tinta con l’abbigliamento e circondato da numerosi carabinieri, viene scortato fino all’auto, sale e se ne va. Con quella macchina se ne va il campione, l’uomo, lo sportivo, lo scalatore, colui che aveva permesso al ciclismo di avere risonanza internazionale, colui che aveva fatto battere all’impazzata i cuori dei tifosi e che aveva permesso di piangere di gioia ad ogni sua vittoria. Con quell’auto se ne va Marco Pantani e sfortunatamente, per chi ama il ciclismo, Marco Pantani non tornerà più. PANTANI QUELLA MATTINA SMETTE DI VIVERE E COMINCERÀ SOLO AD ESISTERE. La squadra rifiuta di presentarsi alla partenza della tappa; senza il Capitano non si va da nessuna parte. Savoldelli, secondo in classifica generale, diventato primo per l’esclusione di Pantani, rifiuta di indossare la maglia rosa, il falco non si vuole appropriare di roba che non si è guadagnato. Da quel giorno è un susseguirsi di interviste, articoli, dichiarazioni su giornali, quotidiani, riviste, internet e tv. Tutti contro uno, tutti contro Pantani. Sembra aver inizio la corsa al premio “chi gli fa più male”: accuse, etichette di dopato, a quel ciclista che non è stato mai trovato positivo, ci si inventa di tutto, più si facevano accuse e più ci si sentiva grandi. Grandi si saranno sentiti anche quei ciclisti che finalmente vedevano volare via l’ostacolo più difficile da superare. In molti si saranno fatte grasse risate, in molti avranno festeggiato, visto che le voci di corridoio della sera prima non erano poi così tanto infondate. Ed è tutto questo clima, questa sfiducia e questo etichettamento che gira intorno al pirata, che lo allontanano sempre più. Vane sono state le sue dichiarazioni, vani sono stati i tentativi di dialogo; Marco non ci stava, ancora una volta era la voce fuori dal coro, ancora una volta andava avanti con le sue idee anche se gli sarebbe costato meno accettare silenziosamente i 15 giorni di squalifica. Accettarli e tornare sulle strade come se nulla fosse successo nulla significava però far passare per reali le dichiarazioni fatte sulla sua persona e questo Marco non poteva accettarlo. Pantani non parteciperà al Tour ’99, il dolore dato dal 5 giugno e la sfiducia per quello sport che aveva sempre amato non lo aiutano a reagire. Il Tour de France sarà vinto da Lance Armstrong il quale affermerà che il vincitore sarebbe stato probabilmente diverso se avesse partecipato Marco Pantani. E su questo i tifosi non possono che dargli ragione. L’atmosfera amicale che aveva sempre regnato nella Mercatone Uno, nel 2000 sembra cambiare, Pantani non è più il Marco di una volta e il pensare che anche i suoi compagni lo vedono con un occhio diverso lo fa sentire un estraneo in quella che era la sua seconda casa. Le sensazioni in gara non sono eccezionali, ma quando mancavano le vittorie a far riempire il cuore, arrivano i suoi gesti a colmare quel vuoto. Sull’ Izoard Marco scatta più volte per fiaccare la resistenza dei maggiori rivali, ma vedendo il compagno Garzelli in difficoltà decide di aspettarlo e di rinunciare alla sua azione. Si mette a disposizione di Garzelli, gli passa anche le borracce che lui stesso era andato a prendere in ammiraglia, lo scorta fino ai piedi della salita che conduceva al traguardo, solo allora mette da parte il suo servizievole aiuto e corre verso il traguardo, ma ormai era tardi, arriva secondo a Briancon. In un dialogo confidenziale successivamente dirà: “oggi ho voluto far capire che il capitano ha bisogno dei suoi gregari, ma quando un gregario ha bisogno del capitano, il capitano è il primo che deve dimostrare di poter dare un aiuto”. Dopo 13 mesi e 8 giorni, Pantani è ancora su quell’oggetto che ha segnato tutta la sua vita e su quella sella che gli permetterà di scrivere un altro capolavoro ciclistico. Siamo sul Mont Ventoux, monte ventoso, e si toccano i 1700 m di altezza. La respirazione diventa più difficile ma, ne le asperità ne la respirazione difficoltosa, sembrano fermarlo. Continua a salire col proprio passo, dopo aver emozionato con una serie dei suoi scatti, supera Ullrich e Armstrong; quest’ultimo non se lo lascia scappare, ormai la sfida è tra i due. C’è intesa, oltre all’indiscussa rivalità, e i cambi sono regolari. La curva conclusiva vede Pantani tagliare il traguardo e mister Lance arrivare secondo in maglia gialla. Ma Pantani non ama molto tagliare il traguardo in compagnia di altri corridori e dovrà aspettare qualche giorno per potersi gustare uno dei suoi arrivi trionfali, bisognerà attendere Courchevel. All’attacco decisivo del Panta, Armstrong non risponde e arriverà con 5’ 34” di ritardo. Alla fine della gara il texano dichiarerà di aver sbagliato nel regalare la vittoria del Mont Ventoux perché quel giorno lui era superiore a Pantani, cosa che non poteva non dare fastidio a quest’ultimo che non si era mai fatto regalare nulla e si era sempre tutto guadagnato. Ai tifosi non può che nascere un sorriso se si ripensa all’opera di un Pantani con una preparazione di 23 giorni e un Armstrong che aveva puntato tutta la stagione sul Tour. Ancora una volta i confronti non reggono. Il Tour sarà abbandonato da Pantani poco dopo, per una forte crisi intestinale.
Alla fine dell’estate 2000, Pantani comincia a prepararsi per le Olimpiadi di Sidney. Si presenta a Roma per gli esami imposti dal CONI. Nonostante il valore dell’ematocrito fosse nella norma, variava a seconda del laboratorio di analisi. Alla vigilia delle Olimpiadi scoppia polemica tra il CONI e la Commissione scientifica e antidoping; quest’ultima evidenziava in una lettera confidenziale, che divenne però subito di dominio pubblico, l’anomalia su una variazione del tasso di ematocrito. Gimondi si schiera senza nessuna preoccupazione dalla parte di Pantani dichiarando che non gli era pervenuta nessuna comunicazione di valori preoccupanti su nessun suo atleta e che quindi sicuramente quelle anomalie non riguardavano Pantani; ancora più forte la presa di posizione del presidente dell’ Associazione corridori che parla di malafede di chi vuol mettere in cattiva luce atleti italiani anche davanti a dati evidenti, quali la negatività ai controlli medici disposti dal CONI. Ancora una volta per Pantani l’ambiente era soffocante, continuavano a nascere dichiarazioni negative infondate, cosa che lo fecero pentire di aver accettato la convocazione in nazionale facendogli perdere la serenità del vivere quell’importante evento. La gara olimpica fu un insuccesso per tutti gli italiani partecipanti, il percorso non sposava le caratteristiche di questi, ma anche in questo caso le maggior critiche furono fatte a Marco Pantani. La stagione del 2001 si apre con la partecipazione al Giro del Trentino, che sarebbe servita a Marco come preparazione al Giro D’Italia e soprattutto al Tour de France che voleva conquistare, specie dopo le vicende della stagione precedente. Proprio durante il Giro del Trentino arriva una notizia inaspettata: Leblanc, patron della Grande Boucle, chiude la porta in faccia a Marco Pantani e alla Mercatone Uno non permettendogli di partecipare. Un altro boccone difficile da mandare giù.
Le notizie che arrivano su Marco Pantani negli anni 2001 e 2002 sono poche, frammentarie e per nulla incoraggianti; si parla di depressione, si parla di uso di droghe. Pantani diventa, agli occhi dei più, invisibile. Ai tifosi non resta che sperare in un suo ritorno, in un ritorno di emozioni, di scatti, di vittorie. Rimarranno sempre vicini al proprio pirata; saranno sempre presenti sulle strade delle maggiori corse di stagione con uno striscione, con una maglia e portando i suoi colori lo inciteranno per un ritorno sulle strade. Quei tifosi rivedono il loro campionissimo al Giro d’Italia del 2003, invecchiato dal dolore, ingrassato dall’assenza di attività fisica e con gli occhi tristi di chi non sa più cosa sia la serenità, la gioia e il piacere della vita. Promette che in quel giro avrebbe regalato una delle sue imprese e il pirata mantiene sempre le promesse. Bisognerà attendere la tappa del Monte Zoncolan per rivedere quel Pantani che faceva mancare il fiato con i suoi scatti. Bastava poco per far gioire ancora una volta quei tifosi orfani del loro campione. Uno, due, tre scatti, Pantani c’era e tutti erano li a spingerlo virtualmente per non far mollare quell’omino che ancora una volta riusciva a far infuriare gli avversari, e in particolar modo in quella occasione la maglia rosa Simoni che non è riuscito a metter da parte la voglia di primeggiare. A un km dall’arrivo Pantani comincia a sentire il fiato mancare, a sentire la stanchezza e concluderà la tappa arrivando quinto ma avendo regalato una delle sue spettacolari imprese. Proprio su quel Monte con pendenze che toccavano anche il 22 proprio con quella impresa, mantenendo la promessa di una bella impresa, Marco Pantani si farà vedere in veste di ciclista per l’ultima volta. Sparisce nuovamente. Finisce la stagione sportiva. Arriva il nuovo anno, il 2004, e il nome di Marco Pantani riempie nuovamente le pagine dei giornali e i blocchi dei vari tg; è il 14 Febbraio, il giorno degli innamorati, e ancora una volta Marco Pantani, il pirata nazionale, l’uomo Mercatone, quello che ha fatto piangere di gioia chi ama il mondo del ciclismo e non solo, fa nuovamente scendere le lacrime sul volto della nazione intera, stavolta lacrime di dolore, stavolta per piangere la sua morte. Marco Pantani sarà ritrovato morto in una camera del residence Le Rose di Rimini, stroncato da un’overdose di cocaina. Se n’è andato e stavolta per sempre. Giunge la morte fisica dopo la morte psichica del 5 giugno ’99. Disperazione, sgomento, paura, dolore e vuoto, ecco cosa lascia a chi lo ha e continua ad amarlo, un immenso vuoto che rimarrà incolmabile.
Rossella Vilardi
A 22 anni vince il Trofeo Matteotti, vince il Giro d’Italia Dilettanti guadagnando 5 minuti su Casagrande e Belli; oltre alla vittoria Pantani si è guadagnato il biglietto d'ingresso per il mondo del professionismo, firmando il suo primo contratto con la Carrera-Tassoni. Chiude la carriera pre-professionale con 4 vittorie da Esordiente, 5 da Allievo, 4 da Juniores e 15 da Dilettante. Il 5 agosto 1992 Marco Pantani debutta ufficialmente nel professionismo in occasione del Gran Premio di Camaiore. La vera stagione inizia con la partecipazione al Giro d'Italia dove viene affidato all'occhio vigile di capitan Chiappucci. Pantani si ritirerà, contro la sua volontà, per problemi di tendinite, a quattro tappe dalla fine, quando era 18° in classifica generale. La stagione ‘94 può essere definita quella del riscatto, la prima vera importante stagione di Pantani. Quarto al Giro del Trentino e al Giro di Toscana, con questi risultati Pantani si presenta al Giro d'Italia di quell'anno, Giro, che grazie alle due vittorie di tappa, gli permettono di non esser più l'anonimo ragazzino romagnolo ma di diventare uno dei nomi più in vista del ciclismo italiano. La prima tappa che lo vede vincitore è la Linz-Merano: a 3 km dalla vetta del Passo di Giovo, Pantani è con i primi, raggiunge capitan Chiappucci, poche frasi ma determinanti, l'ok del capitano per allontarsi dal gruppo e Pantani va, guadagna in discesa e si ritrova primo nella tappa del giorno con alle spalle Bugno e proprio capitan Chiappucci. Il giorno dopo, nella tappa Merano-Aprica, si ripete la scena finale; in fuga il capitano con un gruppetto di ciclisti, all'inizio del Mortirolo Pantani esce dal gruppo degli inseguitori, raggiunge il capitano in fuga che anche questa volta gli da l'ok per attaccare, Pantani va, con il russo Berzin, che cerca di stargli dietro, e Indurain che invece sale con il suo passo. Sul Santa Cristina, l'ultima asperità della giornata, Pantani piazza il suo ennesimo scatto e vola da solo a conquistare la sua seconda vittoria di tappa consecutiva conquistando tutti. Il Giro si chiude e Marco è li sul podio, secondo, davanti a Miguel Indurain, cosa che quest’ultimo non gli avrebbe mai perdonato rendendogli la vita difficile al Tour de France di quello stesso anno. Proprio nella Grande Boucle, Marco si dimostra spettatore nella prima parte della gara, erano tappe che vedevano solo grandi cronometro, gare contro il tempo ma non contro la salita e Pantani era li, in attesa della fase cruciale della gara, quella che vedeva i Pirenei come protagonisti. Su quelle montagne Pantani comincia a gustare la gara e a farsi osservare dai tifosi ed esperti dell'ambiente. Mont Ventoux, Alpe d'Huez, Val Thorens, questi i luoghi che conquistano Pantani e che lo vedono protagonista con i suoi scatti e il suo carisma. Marco comincia ad esser paragonato a Charly Gaul. Ma Pantani non era solo bravo, era ostinato, caparbio e non importava il prezzo, ma l'obiettivo doveva esser raggiunto; questo si può imparare vedendolo nella tappa di Val Thorens: cade, picchia il ginocchio, il medico gli propone di salire sull'ambulanza ma lui no, rifiuta, risale sulla bici e a denti stretti vive il dolore ma giunge all'arrivo riuscendo anche a staccare i grandi rivali. E a Parigi "Pantanì", come lo chiamavano i francesi, era ancora una volta sul podio, sul gradino più basso, quello del terzo posto, ma accanto a una realtà del grande ciclismo, Miguel Indurain, vincitore del suo quarto Tour consecutivo. Nasce il primo fans-club ufficiale di Marco Pantani, il "Magico Pantani": la figura del presidente era coperta da Savini, il primo vero sostenitore del giovane ciclista. La stagione '95 si apre con tanti sogni, con l'obiettivo puntato sul podio del Giro d'Italia, specie dopo la notizia che Indurain non avrebbe partecipato al Giro per dedicarsi interamente al Tour. Il Pantani di quell’anno è sicuramente un Pantani nuovo, sia a livello psico-emotivo, visto il corposo numero di fans che in poco tempo aveva conquistato, sia nel look, taglia i pochi capelli che a 25 anni si ritrovava e si presenta completamente pelato, scelta che lo accompagnerà in tutti gli anni della sua vita. L'allenamento, in vista dell'inizio del Giro, comincia ad essere sempre più impegnativo e Marco decide di rifinire la sua preparazione al Giro di Romandia. Era il primo maggio e in vista delle ore di auto che lo attendevano per raggiungere la Svizzera, Pantani decide di fare una buona sgambata. Quel viaggio fu però annullato. Ad un incrocio un'auto non rispetta lo stop, non vede arrivare il ciclista e a Marco non resta che cercare di bloccare le ruote quando si rende conto della distrazione dell'automobilista. L'impatto è inevitabile. Poco dopo Pantani si ritroverà disteso in un lettino dell'ospedale di Rimini senza fratture ma con un trauma cranico non commotivo, ferita lacerocontusa alla regione temporale destra, contusioni al ginocchio destro, contusioni alla zona sacrale ed escoriazioni varie; resta in ospedale per due giorni dove, gli esami fatti, daranno esito negativo. Rientrato a casa si ricomincia il contatto con la bici. Le sensazioni non sono buone e questo non può che far pensare ad una sola cosa: addio Giro. E' così che l'obiettivo di Pantani si sposta dal Giro al Tour de France passando per il Giro di Svizzera dove vince la tappa La Punt - Flumserberg. Il Tour di quell' anno vede Pantani vincitore di tappa per ben due volte; la prima nella tappa Aime - Alpe D'Huez, dove a 13 km dalla vetta Pantani, sui pedali, si lancia ad inseguire i 13 corridori in fuga. Li supera ad uno ad uno, raggiunge Gotti che sta in testa al gruppo e passa anche lui. Percorre così, davanti a tutti, i 21 tornanti del percorso. Ormai è primo. A 250 m dal traguardo non gli segnalano la svolta a sinistra, ma fortunatamente è solo e l’esito finale non sarà compromesso. La vittoria è di Pantani. La seconda vittoria è quella sui Pirenei, nella tappa St. Orences de Gameville-Guzet Neige. Il Tour viene scosso però da un terribile evento, la morte di Fabio Casartelli, campione olimpionico a Barcellona '92. L'evento sconvolge Pantani, tanto da incidere sul suo rendimento, tanto da fargli finire la gara staccatissimo e fuori classifica. La stagione '95 si prolunga ancora per Marco Pantani, convocato in nazionale per il Mondiale di Duitama, in Colombia. Gli azzurri non sembrano esser baciati dalla fortuna in quella gara, ma Pantani ce la fa e sale ancora una volta sul podio, stavolta in maglia azzurra, stavolta per una medaglia, quella di bronzo. La stagione sta per chiudersi e una delle ultime fatiche è la Milano-Torino, gara di un giorno che non allettava molto il pirata ma che serviva come buon allenamento in vista del Giro di Lombardia. Sulla discesa di Pino Torinese Pantani dà sfogo alla passione per le discese a 80 km/h e va giù, seguito da Secchiari e Dall'Oglio. All'uscita da una curva i tre hanno un forte impatto con un'auto che i vigili, pensando che la gara fosse finita, fanno passare. Frattura scomposta della tibia e del perone per Marco, frattura del bacino per Secchiari e femore a pezzi per Dall'Oglio. All'evento segue per Marco un'operazione per fissare le ossa con una placca in metallo.
All'incidente seguirono 6 mesi di riabilitazione, mesi che videro nascere una grande collaborazione tra Marco e il fisioterapista Fabrizio Borra. In maniera indiretta, senza divisa ciclistica, senza bici e senza scatti, Pantani partecipa al Giro d'Italia '96; stavolta non come protagonista delle strade, ma come protagonista della sigla del Giro con la canzone “E adesso pedala”. La stagione ciclistica '97 lo vede presente in Spagna, alle classiche della Freccia Vallone e della Liegi-Bastogne-Liegi, ma il chiodo fisso di Marco, che ormai da tutti è conosciuto come “il Pirata” per la scelta di portare la bandana in testa al posto dell’anonimo cappellino, non poteva non essere il Giro d'Italia. La prima parte del Giro non lo vide protagonista; bisognava aspettare l'ultima settimana, quella delle montagne, per vedere Marco "infiammare". Ma le aspettative furono vane. Se è vero che un gatto nero non porta bene, allora è giusto dire che un gatto grigio non è da meno; proprio a causa di un gatto grigio Marco Pantani è costretto ad abbandonare la gara dopo una caduta che gli procura una lacerazione del bicipite femorale sinistro con versamento all'interno del muscolo. Non può non essere indelebile nella mente dei tifosi l'immagine di Pantani, con il dorsale numero 101, che sale in sella con la divisa lacerata, ferito e dolorante, circondato da tutta la squadra che con armonioso silenzio lo spingono per alleviare la sofferenza delle pedalate. Anche questo Giro è chiuso. Si riparte al Tour. Nessun podio a Parigi, ma Pantani da quel Tour de France torna a casa con due vittorie di tappa: la prima lo vede vincitore all'Alpe d' Huez, ancora una volta come nel '95. Questa volta Pantani scatta al primo tornante e resta in testa fino alla fine della gara mandando in delirio tutti i tifosi che non avevano dubbi: Pantani è tornato! E di questo sembra esserne sicuro anche lui, come dimostra all’arrivo, sulla sua bici gialla, tagliando il traguardo con i pugni chiusi in segno di forza e liberando il suo corpo con l’urlo di gioia dato dalla conquista. In quella gara Pantani batte il Pantani del '95 migliorando il suo tempo in salita; 37' 35" record che ancora oggi detiene. La seconda vittoria si ha nella Courchevel-Morzine, vittoria inaspettata, anche dal pirata, che a causa di una tracheite non aveva chiuso occhio tutta la notte inducendolo a dichiarare che la sua partenza il giorno dopo sarebbe stata incerta. Pantani se ne va sul Col de Joux Plane e con la stessa grinta che ha nelle salite, affronta la discesa e arriva al traguardo. Pantani entra di diritto tra i grandi del ciclismo italiano ma la sua incoronazione mondiale arriva con la stagione '98, con la doppietta Giro-Tour, roba da grandi, roba da eroi, roba che solo Marco Pantani e pochi altri possono permettersi. Quell'anno il Giro partiva da Nizza e fino all'undicesima gara nessuno aveva motivi per esultare le gesta di Marco. Nella tappa che vede l'arrivo a San Marino, Pantani arriva secondo davanti a Tonkov. Basta una montagna o un arrivo in salita e Pantani è li, in testa alla gara. Nella tredicesima tappa, la Carpi-Schio, Pantani è vittima della pioggia, una caduta fa rischiare il peggio, fortunatamente si rialza e il giorno dopo arriva la prima vittoria di tappa a Piancavallo, alla fine della quale dichiarerà “E’ stata una vittoria sofferta fino alla fine. Oggi, 4 anni dopo la prima vittoria, ho confermato di avere coraggio". E di coraggio ne aveva da vendere e se non se ne ricordava lui, c'era tutto il team a farglielo presente. La "Mercatone Uno" più che una squadra era una famiglia per Marco, lì, aveva trovato amici e non solo compagni di squadra. Nella tappa Asiago-Udine la maglia che trionfa è sempre gialla, sempre Mercatone, ma stavolta è quella di Fabiano Fontanelli che, alla vigilia dell'ultima settimana di gara e alla vigilia della prima vera tappa di montagna dedica la vittoria a lui, al Capitano e Amico Marco Pantani. E il capitano non tradisce le aspettative, proprio nella prima tappa di montagna Marco cambia maglia, veste la sua prima maglia rosa e la terrà fino all'arrivo a Milano, fino alla fine del Giro. L'ultima settimana fu una gara sofferta. Il duello era tra Pantani e Tonkov, era un susseguirsi di scatti, speranze, energie. La tappa decisiva per il Giro fu la vittoria a Plan di Montecampione. Mancano 16 km al traguardo. Pantani scatta ma Tonkov è attento e non lo lascia sfuggire. Testa a testa Pantani - Tonkov. E’ un Tonkov motivato, che non vuol perdere il giro, il suo risultato in salita è davvero ottimo. Nello scatto Pantani butta via la bandana, segno che stava bene, segno che la sua grinta in corpo stava per sfociare in grandi pedalate. Ormai era tattica; Pantani davanti a Tonkov, non vi era nessun movimento per guardare l’avversario in faccia, l’unico riferimento era l’ombra della bici che lo seguiva. Getta via occhiali e pearcing, tutto sembra pesargli. Tonkov non gli lascia un cm fino alla fine della salita, momento in cui perde la sensibilità delle gambe e delle mani, non gli resta che mollare. Pantani cerca ancora una volta l’ombra dell’avversario; ormai è solo. Scatta ancora una volta, la volta decisiva. Tonkov si siede sulla sella, stanco, sfinito. Il pirata continua a stare sui pedali fino ai 700 m dal traguardo, fino al rettilineo finale. “Marco Pantani vince, trionfa, alza le braccia al cielo” così chiude la diretta Adriano De Zan, così tutta l’Italia capisce chi è il vincitore di quel Giro. Ma il pirata non aveva ancora finito di stupire e stavolta la sfida non è contro un avversario o contro una salita, stavolta la sfida è contro il tempo in una di quelle crono che mai hanno legato con lo scalatore Pantani. E' la penultima tappa, la Mendrisio-Lugano, 34 km di crono e lui c’è, concentratissimo, deciso; la si può definire la miglior crono della sua carriera, chiude terzo con, ancora una volta, alle spalle Tonkov. Il 7 Giugno 98 arriva a Milano l'81° Giro d'Italia, Giro che vede Marco Pantani vincitore. Vincitore della maglia rosa, vincitore della maglia verde e secondo per la maglia ciclamino. Riesce a mantenere così anche la promessa fatta anni prima a nonno Sotero: "un giorno vincerò il Giro d'Italia". La vittoria viene dedicata a Luciano Pezzi, l'uomo che l'ha voluto alla Mercatone Uno e che gli ha costruito una squadra su misura.
Dopo la grande vittoria del Giro, il tempo da dedicare alla preparazione della Grande Boucle si riduce notevolmente a causa dei numerosi festeggiamenti e inviti fatti al campione. La gioia viene ridimensionata dalla morte di Pezzi, il cui cuore non ha retto e non potrà vedere Marco in maglia gialla sulle strade della Francia. Pantani si presenta quindi al Tour consapevole dell'insufficiente preparazione atletica. Ancora una volta Pantani è il protagonista delle montagne. La prima vittoria di tappa arriva con la Luchon-Plateau de Beille, dove il capitano mette la squadra davanti e, rispettando i pronostici, scatta e lascia tutti alle spalle. Adriano De Zan commenta esaltato: “Ha fatto il vuoto in pochi metri!”. Marco dedica la vittoria a Luciano Pezzi. Nella notte tra il 23 e il 24 luglio i NAS francesi irrompono negli alloggi degli atleti, un’intera squadra viene trascinata all’ospedale per controlli: tutti positivi. Il gruppo insorge. I ciclisti si rifiutano di partire a Tarascon sur Ariège. La mattina successiva si parte con 2 ore di ritardo. Infuria il caso doping e in 3 giorni si ritirano, per protesta, ben 6 squadre. Pantani si schiera dalla parte dei colleghi. Gli organizzatori della Grande Boucle sono disperati per aver perso credibilità agli occhi degli spettatori. Gli organizzatori confidano nelle opere di Pantani per far emozionare i tifosi e non far allontanare il loro amore per questo sport, e Pantani non deluderà. E' la quindicesima tappa, la Grenoble-Les Deux Alpes, e per Marco arriva la seconda vittoria. Il pirata conquista la maglia gialla. Pantani scala da solo il Col de Galibier, dove si nota un provato Ullrich in piena crisi. All’inizio della discesa mette i piedi giù dai pedali e i tifosi temono il peggio; tirano un sospiro di sollievo quando si accorgono che si era fermato solo per infilare la mantellina anti-vento. Inizia la discesa e si avventa a tutta velocità verso Les Deux Alpes. Scala con la maestria di sempre anche l’ultima asperità e arriva in cima con le braccia al cielo. Ullrich arriva con un ritardo di 9 minuti. Il giorno dopo un'altra tappa di montagna. Ullrich sfoga tutta la sua rabbia sulla Madeleine, con uno scatto di rara potenza, Pantani gli sta a ruota e in pochi secondi i due si ritrovano soli al comando. Si accordano, arrivano insieme al traguardo. Lo scandalo doping non abbandona il Tour, colpisce il team svizzero Festina. Al 32° km della diciassettesima tappa il gruppo si ferma, toglie il numero dalle maglie e percorre il resto dei km con la chiara intenzione di non voler gareggiare. La tappa viene annullata. L'arrivo a Parigi è per il 2 Agosto e Pantani è li, sul podio, vincitore del Tour de France, accanto a Gimondi presente in un immaginario passaggio di testimone. Dopo 33 lunghi anni un italiano risale sul gradino più alto del podio. Nel ’99 Pantani ritorna ad essere protagonista, stavolta accelerando i tempi, dopo solo una settimana di gara si era già conquistato tappa e maglia rosa nella Pescara-Gran Sasso. Il giorno dopo l’arrivo della tappa approda nella sua cittadina; il pirata farà una buona prestazione ma non tale da vincere quella cronometro, ma non importa, la città non può non gioire per il proprio concittadino I tifosi lo scaldano con il proprio affetto e continuano ad essere presenti anche quando Marco non è il primo a tagliare il traguardo. All’alba del giorno dopo i medici dell’UCI lo svegliano a sorpresa per un controllo del sangue, il valore dell’ematocrito del pirata è sotto la soglia consentita; ci si rimette in bici e si parte per la nuova tappa, si riparte per altre vittorie. Tappa Racconigi–Oropa; proprio mentre le asperità si fanno più dure e il ritmo dei ciclisti più intenso, proprio nell’attacco della salita finale, Pantani è vittima di un problema, salta la catena della bici, questo lo costringerà a scendere e a rimetterla a posto senza aiuto dell’ammiraglia, facendogli perdere 30 secondi. Il pirata risale in bici e spinto dalle sue qualità naturali miste alla rabbia di quanto accaduto, raggiunge il gruppo e supera 49 corridori. L’ultimo a essere raggiunto è il francese Jalabert che dovrà letteralmente spostarsi per non essere travolto dalla foga di Pantani. Non c’è spazio per nessuno neanche nella tappa Castelfranco Veneto-Alpe di Pampeago; ormai è assodato, la Mercatone Uno non vuole vincere quel Giro, lo vuole stravincere. Siamo così arrivati al 4 giugno, 9 km separano il gruppo maglia rosa dal traguardo e il pirata ha un ritardo di 35” sui fuggitivi. Mancano solo 4 km all’arrivo a Campiglio quando il pirata scatta, raggiunge i fuggitivi e lascia, ancora una volta, tutti dietro di se. Nella classifica generale è primo a più di 5 minuti da Savoldelli, secondo in classifica. Ormai il vincitore di quel Giro è designato: è Marco Pantani. Quell’ultimo scatto è l’inizio del suo show, l’inizio dello spettacolo che lo vede unico protagonista, dimostrazione che ancora una volta, il più forte è lui. Arriva al traguardo sui pedali e con le mani basse, all’arrivo non alzerà neanche le mani in segno di vittoria ma il suo sorriso vale più di mille parole e di mille gesta. E bisognerà rivederlo centinaia di volte quel sorriso e imprimerlo bene nella memoria perché quella tappa rappresenterà l’ultima sua vittoria in maglia rosa e la ragione dell’ultimo vero sorriso. La giornata del 5 giugno inizierà prima del previsto. Alle 7:15 i medici dell’UCI sono già alle prese con l’ennesimo esame del sangue per Marco Pantani. Con la fine del Giro d’Italia ormai alle porte, con la maglia rosa addosso, due prelievi già effettuati in precedenti tappe che avevano dato esito negativo, il pirata si trova ancora una volta davanti a quei medici per l’ennesimo controllo. L’umore del campione era quello di chi viene svegliato prima del previsto, con sulle gambe i km delle tappe precedenti e con il pensiero di chi ne deve ancora percorrere; nessuna preoccupazione per le analisi. Il responso dei medici invece boccerà quella sicurezza personale e proclama un valore inatteso: 52 quel valore significava valore fuori norma, significava abbandono della maglia rosa, della gara e del titolo di vincitore. La disperazione di Pantani e del team, che seguì a quel valore, non fu tanto per la perdita di una vittoria che già ci si sentiva in tasca, quanto per l’assurdità dell’evento. L’accoppiata “Pantani” e “fuori norma” non era un’accoppiata possibile. Si parla subito di complotto ai danni di Marco Pantani. Arriva la disperazione di Marco, il non accettare la situazione, il cercare di capire perché lui, a chi potesse star scomodo, chi poteva volere Pantani fuori dai giochi. Le motivazioni che possono far pensare a un complotto sono diverse, prova determinante sono le “voci di corridoio” della sera prima che parlavano di un Pantani assente dalla partenza di Campiglio nella mattina successiva, proprio in quel 5 giugno. A quel valore fuori norma segue la richiesta di un nuovo prelievo per ripetere le analisi. La proposta viene rifiutata in quanto non consentita. Le analisi vengono ripetute sullo stesso campione di sangue e l’esito non poteva che essere identico. Il regolamento non prevedeva controanalisi diverse, grossa lacuna il prendere in considerazione solo un possibile errore meccanico e non un possibile “errore” umano. Le controanalisi vengono fatte perché si pensa che le macchine siano state tarate erroneamente e non si pensa che qualcuno poteva, anche non volutamente, alterare il campione di sangue. Pantani farà delle analisi in un centro esterno e questo non confermerà l’esito dei medici UCI, ma a quel punto nessuno gli crede. Pantani deve tornare a casa e non perché, come crede lui, è stato vittima di un complotto in quanto elemento scomodo, quanto per “preservare” la sua salute. Viene abbandonata la maglia rosa e ritirati alla cassa 15 giorni di squalifica. Le sue dichiarazioni all’uscita dell’hotel furono: “Credo che c’è qualcosa di strano, sono ripartito dopo dei grossi incidenti ma moralmente credo che questa volta abbiamo toccato il fondo”. Con una felpa grigia addosso, l’umore in tinta con l’abbigliamento e circondato da numerosi carabinieri, viene scortato fino all’auto, sale e se ne va. Con quella macchina se ne va il campione, l’uomo, lo sportivo, lo scalatore, colui che aveva permesso al ciclismo di avere risonanza internazionale, colui che aveva fatto battere all’impazzata i cuori dei tifosi e che aveva permesso di piangere di gioia ad ogni sua vittoria. Con quell’auto se ne va Marco Pantani e sfortunatamente, per chi ama il ciclismo, Marco Pantani non tornerà più. PANTANI QUELLA MATTINA SMETTE DI VIVERE E COMINCERÀ SOLO AD ESISTERE. La squadra rifiuta di presentarsi alla partenza della tappa; senza il Capitano non si va da nessuna parte. Savoldelli, secondo in classifica generale, diventato primo per l’esclusione di Pantani, rifiuta di indossare la maglia rosa, il falco non si vuole appropriare di roba che non si è guadagnato. Da quel giorno è un susseguirsi di interviste, articoli, dichiarazioni su giornali, quotidiani, riviste, internet e tv. Tutti contro uno, tutti contro Pantani. Sembra aver inizio la corsa al premio “chi gli fa più male”: accuse, etichette di dopato, a quel ciclista che non è stato mai trovato positivo, ci si inventa di tutto, più si facevano accuse e più ci si sentiva grandi. Grandi si saranno sentiti anche quei ciclisti che finalmente vedevano volare via l’ostacolo più difficile da superare. In molti si saranno fatte grasse risate, in molti avranno festeggiato, visto che le voci di corridoio della sera prima non erano poi così tanto infondate. Ed è tutto questo clima, questa sfiducia e questo etichettamento che gira intorno al pirata, che lo allontanano sempre più. Vane sono state le sue dichiarazioni, vani sono stati i tentativi di dialogo; Marco non ci stava, ancora una volta era la voce fuori dal coro, ancora una volta andava avanti con le sue idee anche se gli sarebbe costato meno accettare silenziosamente i 15 giorni di squalifica. Accettarli e tornare sulle strade come se nulla fosse successo nulla significava però far passare per reali le dichiarazioni fatte sulla sua persona e questo Marco non poteva accettarlo. Pantani non parteciperà al Tour ’99, il dolore dato dal 5 giugno e la sfiducia per quello sport che aveva sempre amato non lo aiutano a reagire. Il Tour de France sarà vinto da Lance Armstrong il quale affermerà che il vincitore sarebbe stato probabilmente diverso se avesse partecipato Marco Pantani. E su questo i tifosi non possono che dargli ragione. L’atmosfera amicale che aveva sempre regnato nella Mercatone Uno, nel 2000 sembra cambiare, Pantani non è più il Marco di una volta e il pensare che anche i suoi compagni lo vedono con un occhio diverso lo fa sentire un estraneo in quella che era la sua seconda casa. Le sensazioni in gara non sono eccezionali, ma quando mancavano le vittorie a far riempire il cuore, arrivano i suoi gesti a colmare quel vuoto. Sull’ Izoard Marco scatta più volte per fiaccare la resistenza dei maggiori rivali, ma vedendo il compagno Garzelli in difficoltà decide di aspettarlo e di rinunciare alla sua azione. Si mette a disposizione di Garzelli, gli passa anche le borracce che lui stesso era andato a prendere in ammiraglia, lo scorta fino ai piedi della salita che conduceva al traguardo, solo allora mette da parte il suo servizievole aiuto e corre verso il traguardo, ma ormai era tardi, arriva secondo a Briancon. In un dialogo confidenziale successivamente dirà: “oggi ho voluto far capire che il capitano ha bisogno dei suoi gregari, ma quando un gregario ha bisogno del capitano, il capitano è il primo che deve dimostrare di poter dare un aiuto”. Dopo 13 mesi e 8 giorni, Pantani è ancora su quell’oggetto che ha segnato tutta la sua vita e su quella sella che gli permetterà di scrivere un altro capolavoro ciclistico. Siamo sul Mont Ventoux, monte ventoso, e si toccano i 1700 m di altezza. La respirazione diventa più difficile ma, ne le asperità ne la respirazione difficoltosa, sembrano fermarlo. Continua a salire col proprio passo, dopo aver emozionato con una serie dei suoi scatti, supera Ullrich e Armstrong; quest’ultimo non se lo lascia scappare, ormai la sfida è tra i due. C’è intesa, oltre all’indiscussa rivalità, e i cambi sono regolari. La curva conclusiva vede Pantani tagliare il traguardo e mister Lance arrivare secondo in maglia gialla. Ma Pantani non ama molto tagliare il traguardo in compagnia di altri corridori e dovrà aspettare qualche giorno per potersi gustare uno dei suoi arrivi trionfali, bisognerà attendere Courchevel. All’attacco decisivo del Panta, Armstrong non risponde e arriverà con 5’ 34” di ritardo. Alla fine della gara il texano dichiarerà di aver sbagliato nel regalare la vittoria del Mont Ventoux perché quel giorno lui era superiore a Pantani, cosa che non poteva non dare fastidio a quest’ultimo che non si era mai fatto regalare nulla e si era sempre tutto guadagnato. Ai tifosi non può che nascere un sorriso se si ripensa all’opera di un Pantani con una preparazione di 23 giorni e un Armstrong che aveva puntato tutta la stagione sul Tour. Ancora una volta i confronti non reggono. Il Tour sarà abbandonato da Pantani poco dopo, per una forte crisi intestinale.
Alla fine dell’estate 2000, Pantani comincia a prepararsi per le Olimpiadi di Sidney. Si presenta a Roma per gli esami imposti dal CONI. Nonostante il valore dell’ematocrito fosse nella norma, variava a seconda del laboratorio di analisi. Alla vigilia delle Olimpiadi scoppia polemica tra il CONI e la Commissione scientifica e antidoping; quest’ultima evidenziava in una lettera confidenziale, che divenne però subito di dominio pubblico, l’anomalia su una variazione del tasso di ematocrito. Gimondi si schiera senza nessuna preoccupazione dalla parte di Pantani dichiarando che non gli era pervenuta nessuna comunicazione di valori preoccupanti su nessun suo atleta e che quindi sicuramente quelle anomalie non riguardavano Pantani; ancora più forte la presa di posizione del presidente dell’ Associazione corridori che parla di malafede di chi vuol mettere in cattiva luce atleti italiani anche davanti a dati evidenti, quali la negatività ai controlli medici disposti dal CONI. Ancora una volta per Pantani l’ambiente era soffocante, continuavano a nascere dichiarazioni negative infondate, cosa che lo fecero pentire di aver accettato la convocazione in nazionale facendogli perdere la serenità del vivere quell’importante evento. La gara olimpica fu un insuccesso per tutti gli italiani partecipanti, il percorso non sposava le caratteristiche di questi, ma anche in questo caso le maggior critiche furono fatte a Marco Pantani. La stagione del 2001 si apre con la partecipazione al Giro del Trentino, che sarebbe servita a Marco come preparazione al Giro D’Italia e soprattutto al Tour de France che voleva conquistare, specie dopo le vicende della stagione precedente. Proprio durante il Giro del Trentino arriva una notizia inaspettata: Leblanc, patron della Grande Boucle, chiude la porta in faccia a Marco Pantani e alla Mercatone Uno non permettendogli di partecipare. Un altro boccone difficile da mandare giù.
Le notizie che arrivano su Marco Pantani negli anni 2001 e 2002 sono poche, frammentarie e per nulla incoraggianti; si parla di depressione, si parla di uso di droghe. Pantani diventa, agli occhi dei più, invisibile. Ai tifosi non resta che sperare in un suo ritorno, in un ritorno di emozioni, di scatti, di vittorie. Rimarranno sempre vicini al proprio pirata; saranno sempre presenti sulle strade delle maggiori corse di stagione con uno striscione, con una maglia e portando i suoi colori lo inciteranno per un ritorno sulle strade. Quei tifosi rivedono il loro campionissimo al Giro d’Italia del 2003, invecchiato dal dolore, ingrassato dall’assenza di attività fisica e con gli occhi tristi di chi non sa più cosa sia la serenità, la gioia e il piacere della vita. Promette che in quel giro avrebbe regalato una delle sue imprese e il pirata mantiene sempre le promesse. Bisognerà attendere la tappa del Monte Zoncolan per rivedere quel Pantani che faceva mancare il fiato con i suoi scatti. Bastava poco per far gioire ancora una volta quei tifosi orfani del loro campione. Uno, due, tre scatti, Pantani c’era e tutti erano li a spingerlo virtualmente per non far mollare quell’omino che ancora una volta riusciva a far infuriare gli avversari, e in particolar modo in quella occasione la maglia rosa Simoni che non è riuscito a metter da parte la voglia di primeggiare. A un km dall’arrivo Pantani comincia a sentire il fiato mancare, a sentire la stanchezza e concluderà la tappa arrivando quinto ma avendo regalato una delle sue spettacolari imprese. Proprio su quel Monte con pendenze che toccavano anche il 22 proprio con quella impresa, mantenendo la promessa di una bella impresa, Marco Pantani si farà vedere in veste di ciclista per l’ultima volta. Sparisce nuovamente. Finisce la stagione sportiva. Arriva il nuovo anno, il 2004, e il nome di Marco Pantani riempie nuovamente le pagine dei giornali e i blocchi dei vari tg; è il 14 Febbraio, il giorno degli innamorati, e ancora una volta Marco Pantani, il pirata nazionale, l’uomo Mercatone, quello che ha fatto piangere di gioia chi ama il mondo del ciclismo e non solo, fa nuovamente scendere le lacrime sul volto della nazione intera, stavolta lacrime di dolore, stavolta per piangere la sua morte. Marco Pantani sarà ritrovato morto in una camera del residence Le Rose di Rimini, stroncato da un’overdose di cocaina. Se n’è andato e stavolta per sempre. Giunge la morte fisica dopo la morte psichica del 5 giugno ’99. Disperazione, sgomento, paura, dolore e vuoto, ecco cosa lascia a chi lo ha e continua ad amarlo, un immenso vuoto che rimarrà incolmabile.
Rossella Vilardi
ar gruppo con i ragazzi ciclisti che si radunavano nel piazzale davanti il suo condominio. Non passa molto tempo e Pantani è li, con una Vicini grigio metallizzato concessa dal G.S. Fausto Coppi, a correre con gli altri ciclisti del gruppo. La prima bici gli viene regalata da nonno Sotero, una vicini Tour de France di colore rosso e da quel momento diviene il suo gioiello più prezioso; la bici viene pulita, lavata ed asciugata dopo ogni uscita, la compagna perfetta per le salite di tutta la Romagna. Usciva da solo e mancava tutto il pomeriggio, poi con i suoi 150 km sulle gambe ritornava soddisfatto a casa a raccontare ai genitori, preoccupati invece per quel figlio che spariva per ore, le sue imprese; in gruppo non era da meno, si faceva superare da tutti i ragazzi e proprio quando cominciava la salita li staccava uno per uno, rimettendosi in testa al gruppo, cosa che non solo faceva in allenamento ma che avrebbe continuato a fare anche nelle grandi corse. Era il 22 aprile 1984 e Marco Pantani vince la sua prima gara come esordiente a Case Castagnola. I successi di Marco non furono numerosi, considerando che agli esordienti erano dedicati per la maggior parte percorsi pianeggianti, ma bastava anche solo un cavalcavia per permettere a Marco di staccare tutti. A 15 anni Marco è nella categoria allievi e nessuno, nè papà Paolo, nè Vittorio Savini, direttore sportivo di Marco delle tre stagioni precedenti, possono dimenticare la vittoria della Forlì-Monte Coronaro. Grandi imprese, indimenticabili gesta, ma anche indimenticabili cadute; è segnato proprio da queste il 1986, la prima nella discesa di Sant' Arcangelo dove viene travolto da un'auto che arrivava dal senso opposto, la seconda vede Pantani sbattere contro un camion durante una volata con i compagni d'allenamento; nella prima rischia la vita per lo spappolamento della milza, la seconda gli procura ferite al volto e la visibile cicatrice sopra il labbro superiore. Finite le medie, papà Paolo lo convince a iscriversi all'istituto tecnico con indirizzo radiotecnico di Cesena, ma i progetti di Marco erano altri e prevedevano solo un oggetto, la sua bici; riparare radio e tv rimarrà comunque un hobby. Non finirà mai la scuola ma riuscirà a vincere la sfida contro il padre, facendolo sentire fiero di lui. Nel 1989 passa alla categoria Dilettanti, prima con la S.C Rinascita Ravenna e nel 1990 nel G.S. Giacobazzi.
A 22 anni vince il Trofeo Matteotti, vince il Giro d’Italia Dilettanti guadagnando 5 minuti su Casagrande e Belli; oltre alla vittoria Pantani si è guadagnato il biglietto d'ingresso per il mondo del professionismo, firmando il suo primo contratto con la Carrera-Tassoni. Chiude la carriera pre-professionale con 4 vittorie da Esordiente, 5 da Allievo, 4 da Juniores e 15 da Dilettante. Il 5 agosto 1992 Marco Pantani debutta ufficialmente nel professionismo in occasione del Gran Premio di Camaiore. La vera stagione inizia con la partecipazione al Giro d'Italia dove viene affidato all'occhio vigile di capitan Chiappucci. Pantani si ritirerà, contro la sua volontà, per problemi di tendinite, a quattro tappe dalla fine, quando era 18° in classifica generale. La stagione ‘94 può essere definita quella del riscatto, la prima vera importante stagione di Pantani. Quarto al Giro del Trentino e al Giro di Toscana, con questi risultati Pantani si presenta al Giro d'Italia di quell'anno, Giro, che grazie alle due vittorie di tappa, gli permettono di non esser più l'anonimo ragazzino romagnolo ma di diventare uno dei nomi più in vista del ciclismo italiano. La prima tappa che lo vede vincitore è la Linz-Merano: a 3 km dalla vetta del Passo di Giovo, Pantani è con i primi, raggiunge capitan Chiappucci, poche frasi ma determinanti, l'ok del capitano per allontarsi dal gruppo e Pantani va, guadagna in discesa e si ritrova primo nella tappa del giorno con alle spalle Bugno e proprio capitan Chiappucci. Il giorno dopo, nella tappa Merano-Aprica, si ripete la scena finale; in fuga il capitano con un gruppetto di ciclisti, all'inizio del Mortirolo Pantani esce dal gruppo degli inseguitori, raggiunge il capitano in fuga che anche questa volta gli da l'ok per attaccare, Pantani va, con il russo Berzin, che cerca di stargli dietro, e Indurain che invece sale con il suo passo. Sul Santa Cristina, l'ultima asperità della giornata, Pantani piazza il suo ennesimo scatto e vola da solo a conquistare la sua seconda vittoria di tappa consecutiva conquistando tutti. Il Giro si chiude e Marco è li sul podio, secondo, davanti a Miguel Indurain, cosa che quest’ultimo non gli avrebbe mai perdonato rendendogli la vita difficile al Tour de France di quello stesso anno. Proprio nella Grande Boucle, Marco si dimostra spettatore nella prima parte della gara, erano tappe che vedevano solo grandi cronometro, gare contro il tempo ma non contro la salita e Pantani era li, in attesa della fase cruciale della gara, quella che vedeva i Pirenei come protagonisti. Su quelle montagne Pantani comincia a gustare la gara e a farsi osservare dai tifosi ed esperti dell'ambiente. Mont Ventoux, Alpe d'Huez, Val Thorens, questi i luoghi che conquistano Pantani e che lo vedono protagonista con i suoi scatti e il suo carisma. Marco comincia ad esser paragonato a Charly Gaul. Ma Pantani non era solo bravo, era ostinato, caparbio e non importava il prezzo, ma l'obiettivo doveva esser raggiunto; questo si può imparare vedendolo nella tappa di Val Thorens: cade, picchia il ginocchio, il medico gli propone di salire sull'ambulanza ma lui no, rifiuta, risale sulla bici e a denti stretti vive il dolore ma giunge all'arrivo riuscendo anche a staccare i grandi rivali. E a Parigi "Pantanì", come lo chiamavano i francesi, era ancora una volta sul podio, sul gradino più basso, quello del terzo posto, ma accanto a una realtà del grande ciclismo, Miguel Indurain, vincitore del suo quarto Tour consecutivo. Nasce il primo fans-club ufficiale di Marco Pantani, il "Magico Pantani": la figura del presidente era coperta da Savini, il primo vero sostenitore del giovane ciclista. La stagione '95 si apre con tanti sogni, con l'obiettivo puntato sul podio del Giro d'Italia, specie dopo la notizia che Indurain non avrebbe partecipato al Giro per dedicarsi interamente al Tour. Il Pantani di quell’anno è sicuramente un Pantani nuovo, sia a livello psico-emotivo, visto il corposo numero di fans che in poco tempo aveva conquistato, sia nel look, taglia i pochi capelli che a 25 anni si ritrovava e si presenta completamente pelato, scelta che lo accompagnerà in tutti gli anni della sua vita. L'allenamento, in vista dell'inizio del Giro, comincia ad essere sempre più impegnativo e Marco decide di rifinire la sua preparazione al Giro di Romandia. Era il primo maggio e in vista delle ore di auto che lo attendevano per raggiungere la Svizzera, Pantani decide di fare una buona sgambata. Quel viaggio fu però annullato. Ad un incrocio un'auto non rispetta lo stop, non vede arrivare il ciclista e a Marco non resta che cercare di bloccare le ruote quando si rende conto della distrazione dell'automobilista. L'impatto è inevitabile. Poco dopo Pantani si ritroverà disteso in un lettino dell'ospedale di Rimini senza fratture ma con un trauma cranico non commotivo, ferita lacerocontusa alla regione temporale destra, contusioni al ginocchio destro, contusioni alla zona sacrale ed escoriazioni varie; resta in ospedale per due giorni dove, gli esami fatti, daranno esito negativo. Rientrato a casa si ricomincia il contatto con la bici. Le sensazioni non sono buone e questo non può che far pensare ad una sola cosa: addio Giro. E' così che l'obiettivo di Pantani si sposta dal Giro al Tour de France passando per il Giro di Svizzera dove vince la tappa La Punt - Flumserberg. Il Tour di quell' anno vede Pantani vincitore di tappa per ben due volte; la prima nella tappa Aime - Alpe D'Huez, dove a 13 km dalla vetta Pantani, sui pedali, si lancia ad inseguire i 13 corridori in fuga. Li supera ad uno ad uno, raggiunge Gotti che sta in testa al gruppo e passa anche lui. Percorre così, davanti a tutti, i 21 tornanti del percorso. Ormai è primo. A 250 m dal traguardo non gli segnalano la svolta a sinistra, ma fortunatamente è solo e l’esito finale non sarà compromesso. La vittoria è di Pantani. La seconda vittoria è quella sui Pirenei, nella tappa St. Orences de Gameville-Guzet Neige. Il Tour viene scosso però da un terribile evento, la morte di Fabio Casartelli, campione olimpionico a Barcellona '92. L'evento sconvolge Pantani, tanto da incidere sul suo rendimento, tanto da fargli finire la gara staccatissimo e fuori classifica. La stagione '95 si prolunga ancora per Marco Pantani, convocato in nazionale per il Mondiale di Duitama, in Colombia. Gli azzurri non sembrano esser baciati dalla fortuna in quella gara, ma Pantani ce la fa e sale ancora una volta sul podio, stavolta in maglia azzurra, stavolta per una medaglia, quella di bronzo. La stagione sta per chiudersi e una delle ultime fatiche è la Milano-Torino, gara di un giorno che non allettava molto il pirata ma che serviva come buon allenamento in vista del Giro di Lombardia. Sulla discesa di Pino Torinese Pantani dà sfogo alla passione per le discese a 80 km/h e va giù, seguito da Secchiari e Dall'Oglio. All'uscita da una curva i tre hanno un forte impatto con un'auto che i vigili, pensando che la gara fosse finita, fanno passare. Frattura scomposta della tibia e del perone per Marco, frattura del bacino per Secchiari e femore a pezzi per Dall'Oglio. All'evento segue per Marco un'operazione per fissare le ossa con una placca in metallo.
All'incidente seguirono 6 mesi di riabilitazione, mesi che videro nascere una grande collaborazione tra Marco e il fisioterapista Fabrizio Borra. In maniera indiretta, senza divisa ciclistica, senza bici e senza scatti, Pantani partecipa al Giro d'Italia '96; stavolta non come protagonista delle strade, ma come protagonista della sigla del Giro con la canzone “E adesso pedala”. La stagione ciclistica '97 lo vede presente in Spagna, alle classiche della Freccia Vallone e della Liegi-Bastogne-Liegi, ma il chiodo fisso di Marco, che ormai da tutti è conosciuto come “il Pirata” per la scelta di portare la bandana in testa al posto dell’anonimo cappellino, non poteva non essere il Giro d'Italia. La prima parte del Giro non lo vide protagonista; bisognava aspettare l'ultima settimana, quella delle montagne, per vedere Marco "infiammare". Ma le aspettative furono vane. Se è vero che un gatto nero non porta bene, allora è giusto dire che un gatto grigio non è da meno; proprio a causa di un gatto grigio Marco Pantani è costretto ad abbandonare la gara dopo una caduta che gli procura una lacerazione del bicipite femorale sinistro con versamento all'interno del muscolo. Non può non essere indelebile nella mente dei tifosi l'immagine di Pantani, con il dorsale numero 101, che sale in sella con la divisa lacerata, ferito e dolorante, circondato da tutta la squadra che con armonioso silenzio lo spingono per alleviare la sofferenza delle pedalate. Anche questo Giro è chiuso. Si riparte al Tour. Nessun podio a Parigi, ma Pantani da quel Tour de France torna a casa con due vittorie di tappa: la prima lo vede vincitore all'Alpe d' Huez, ancora una volta come nel '95. Questa volta Pantani scatta al primo tornante e resta in testa fino alla fine della gara mandando in delirio tutti i tifosi che non avevano dubbi: Pantani è tornato! E di questo sembra esserne sicuro anche lui, come dimostra all’arrivo, sulla sua bici gialla, tagliando il traguardo con i pugni chiusi in segno di forza e liberando il suo corpo con l’urlo di gioia dato dalla conquista. In quella gara Pantani batte il Pantani del '95 migliorando il suo tempo in salita; 37' 35" record che ancora oggi detiene. La seconda vittoria si ha nella Courchevel-Morzine, vittoria inaspettata, anche dal pirata, che a causa di una tracheite non aveva chiuso occhio tutta la notte inducendolo a dichiarare che la sua partenza il giorno dopo sarebbe stata incerta. Pantani se ne va sul Col de Joux Plane e con la stessa grinta che ha nelle salite, affronta la discesa e arriva al traguardo. Pantani entra di diritto tra i grandi del ciclismo italiano ma la sua incoronazione mondiale arriva con la stagione '98, con la doppietta Giro-Tour, roba da grandi, roba da eroi, roba che solo Marco Pantani e pochi altri possono permettersi. Quell'anno il Giro partiva da Nizza e fino all'undicesima gara nessuno aveva motivi per esultare le gesta di Marco. Nella tappa che vede l'arrivo a San Marino, Pantani arriva secondo davanti a Tonkov. Basta una montagna o un arrivo in salita e Pantani è li, in testa alla gara. Nella tredicesima tappa, la Carpi-Schio, Pantani è vittima della pioggia, una caduta fa rischiare il peggio, fortunatamente si rialza e il giorno dopo arriva la prima vittoria di tappa a Piancavallo, alla fine della quale dichiarerà “E’ stata una vittoria sofferta fino alla fine. Oggi, 4 anni dopo la prima vittoria, ho confermato di avere coraggio". E di coraggio ne aveva da vendere e se non se ne ricordava lui, c'era tutto il team a farglielo presente. La "Mercatone Uno" più che una squadra era una famiglia per Marco, lì, aveva trovato amici e non solo compagni di squadra. Nella tappa Asiago-Udine la maglia che trionfa è sempre gialla, sempre Mercatone, ma stavolta è quella di Fabiano Fontanelli che, alla vigilia dell'ultima settimana di gara e alla vigilia della prima vera tappa di montagna dedica la vittoria a lui, al Capitano e Amico Marco Pantani. E il capitano non tradisce le aspettative, proprio nella prima tappa di montagna Marco cambia maglia, veste la sua prima maglia rosa e la terrà fino all'arrivo a Milano, fino alla fine del Giro. L'ultima settimana fu una gara sofferta. Il duello era tra Pantani e Tonkov, era un susseguirsi di scatti, speranze, energie. La tappa decisiva per il Giro fu la vittoria a Plan di Montecampione. Mancano 16 km al traguardo. Pantani scatta ma Tonkov è attento e non lo lascia sfuggire. Testa a testa Pantani - Tonkov. E’ un Tonkov motivato, che non vuol perdere il giro, il suo risultato in salita è davvero ottimo. Nello scatto Pantani butta via la bandana, segno che stava bene, segno che la sua grinta in corpo stava per sfociare in grandi pedalate. Ormai era tattica; Pantani davanti a Tonkov, non vi era nessun movimento per guardare l’avversario in faccia, l’unico riferimento era l’ombra della bici che lo seguiva. Getta via occhiali e pearcing, tutto sembra pesargli. Tonkov non gli lascia un cm fino alla fine della salita, momento in cui perde la sensibilità delle gambe e delle mani, non gli resta che mollare. Pantani cerca ancora una volta l’ombra dell’avversario; ormai è solo. Scatta ancora una volta, la volta decisiva. Tonkov si siede sulla sella, stanco, sfinito. Il pirata continua a stare sui pedali fino ai 700 m dal traguardo, fino al rettilineo finale. “Marco Pantani vince, trionfa, alza le braccia al cielo” così chiude la diretta Adriano De Zan, così tutta l’Italia capisce chi è il vincitore di quel Giro. Ma il pirata non aveva ancora finito di stupire e stavolta la sfida non è contro un avversario o contro una salita, stavolta la sfida è contro il tempo in una di quelle crono che mai hanno legato con lo scalatore Pantani. E' la penultima tappa, la Mendrisio-Lugano, 34 km di crono e lui c’è, concentratissimo, deciso; la si può definire la miglior crono della sua carriera, chiude terzo con, ancora una volta, alle spalle Tonkov. Il 7 Giugno 98 arriva a Milano l'81° Giro d'Italia, Giro che vede Marco Pantani vincitore. Vincitore della maglia rosa, vincitore della maglia verde e secondo per la maglia ciclamino. Riesce a mantenere così anche la promessa fatta anni prima a nonno Sotero: "un giorno vincerò il Giro d'Italia". La vittoria viene dedicata a Luciano Pezzi, l'uomo che l'ha voluto alla Mercatone Uno e che gli ha costruito una squadra su misura.
Dopo la grande vittoria del Giro, il tempo da dedicare alla preparazione della Grande Boucle si riduce notevolmente a causa dei numerosi festeggiamenti e inviti fatti al campione. La gioia viene ridimensionata dalla morte di Pezzi, il cui cuore non ha retto e non potrà vedere Marco in maglia gialla sulle strade della Francia. Pantani si presenta quindi al Tour consapevole dell'insufficiente preparazione atletica. Ancora una volta Pantani è il protagonista delle montagne. La prima vittoria di tappa arriva con la Luchon-Plateau de Beille, dove il capitano mette la squadra davanti e, rispettando i pronostici, scatta e lascia tutti alle spalle. Adriano De Zan commenta esaltato: “Ha fatto il vuoto in pochi metri!”. Marco dedica la vittoria a Luciano Pezzi. Nella notte tra il 23 e il 24 luglio i NAS francesi irrompono negli alloggi degli atleti, un’intera squadra viene trascinata all’ospedale per controlli: tutti positivi. Il gruppo insorge. I ciclisti si rifiutano di partire a Tarascon sur Ariège. La mattina successiva si parte con 2 ore di ritardo. Infuria il caso doping e in 3 giorni si ritirano, per protesta, ben 6 squadre. Pantani si schiera dalla parte dei colleghi. Gli organizzatori della Grande Boucle sono disperati per aver perso credibilità agli occhi degli spettatori. Gli organizzatori confidano nelle opere di Pantani per far emozionare i tifosi e non far allontanare il loro amore per questo sport, e Pantani non deluderà. E' la quindicesima tappa, la Grenoble-Les Deux Alpes, e per Marco arriva la seconda vittoria. Il pirata conquista la maglia gialla. Pantani scala da solo il Col de Galibier, dove si nota un provato Ullrich in piena crisi. All’inizio della discesa mette i piedi giù dai pedali e i tifosi temono il peggio; tirano un sospiro di sollievo quando si accorgono che si era fermato solo per infilare la mantellina anti-vento. Inizia la discesa e si avventa a tutta velocità verso Les Deux Alpes. Scala con la maestria di sempre anche l’ultima asperità e arriva in cima con le braccia al cielo. Ullrich arriva con un ritardo di 9 minuti. Il giorno dopo un'altra tappa di montagna. Ullrich sfoga tutta la sua rabbia sulla Madeleine, con uno scatto di rara potenza, Pantani gli sta a ruota e in pochi secondi i due si ritrovano soli al comando. Si accordano, arrivano insieme al traguardo. Lo scandalo doping non abbandona il Tour, colpisce il team svizzero Festina. Al 32° km della diciassettesima tappa il gruppo si ferma, toglie il numero dalle maglie e percorre il resto dei km con la chiara intenzione di non voler gareggiare. La tappa viene annullata. L'arrivo a Parigi è per il 2 Agosto e Pantani è li, sul podio, vincitore del Tour de France, accanto a Gimondi presente in un immaginario passaggio di testimone. Dopo 33 lunghi anni un italiano risale sul gradino più alto del podio. Nel ’99 Pantani ritorna ad essere protagonista, stavolta accelerando i tempi, dopo solo una settimana di gara si era già conquistato tappa e maglia rosa nella Pescara-Gran Sasso. Il giorno dopo l’arrivo della tappa approda nella sua cittadina; il pirata farà una buona prestazione ma non tale da vincere quella cronometro, ma non importa, la città non può non gioire per il proprio concittadino I tifosi lo scaldano con il proprio affetto e continuano ad essere presenti anche quando Marco non è il primo a tagliare il traguardo. All’alba del giorno dopo i medici dell’UCI lo svegliano a sorpresa per un controllo del sangue, il valore dell’ematocrito del pirata è sotto la soglia consentita; ci si rimette in bici e si parte per la nuova tappa, si riparte per altre vittorie. Tappa Racconigi–Oropa; proprio mentre le asperità si fanno più dure e il ritmo dei ciclisti più intenso, proprio nell’attacco della salita finale, Pantani è vittima di un problema, salta la catena della bici, questo lo costringerà a scendere e a rimetterla a posto senza aiuto dell’ammiraglia, facendogli perdere 30 secondi. Il pirata risale in bici e spinto dalle sue qualità naturali miste alla rabbia di quanto accaduto, raggiunge il gruppo e supera 49 corridori. L’ultimo a essere raggiunto è il francese Jalabert che dovrà letteralmente spostarsi per non essere travolto dalla foga di Pantani. Non c’è spazio per nessuno neanche nella tappa Castelfranco Veneto-Alpe di Pampeago; ormai è assodato, la Mercatone Uno non vuole vincere quel Giro, lo vuole stravincere. Siamo così arrivati al 4 giugno, 9 km separano il gruppo maglia rosa dal traguardo e il pirata ha un ritardo di 35” sui fuggitivi. Mancano solo 4 km all’arrivo a Campiglio quando il pirata scatta, raggiunge i fuggitivi e lascia, ancora una volta, tutti dietro di se. Nella classifica generale è primo a più di 5 minuti da Savoldelli, secondo in classifica. Ormai il vincitore di quel Giro è designato: è Marco Pantani. Quell’ultimo scatto è l’inizio del suo show, l’inizio dello spettacolo che lo vede unico protagonista, dimostrazione che ancora una volta, il più forte è lui. Arriva al traguardo sui pedali e con le mani basse, all’arrivo non alzerà neanche le mani in segno di vittoria ma il suo sorriso vale più di mille parole e di mille gesta. E bisognerà rivederlo centinaia di volte quel sorriso e imprimerlo bene nella memoria perché quella tappa rappresenterà l’ultima sua vittoria in maglia rosa e la ragione dell’ultimo vero sorriso. La giornata del 5 giugno inizierà prima del previsto. Alle 7:15 i medici dell’UCI sono già alle prese con l’ennesimo esame del sangue per Marco Pantani. Con la fine del Giro d’Italia ormai alle porte, con la maglia rosa addosso, due prelievi già effettuati in precedenti tappe che avevano dato esito negativo, il pirata si trova ancora una volta davanti a quei medici per l’ennesimo controllo. L’umore del campione era quello di chi viene svegliato prima del previsto, con sulle gambe i km delle tappe precedenti e con il pensiero di chi ne deve ancora percorrere; nessuna preoccupazione per le analisi. Il responso dei medici invece boccerà quella sicurezza personale e proclama un valore inatteso: 52 quel valore significava valore fuori norma, significava abbandono della maglia rosa, della gara e del titolo di vincitore. La disperazione di Pantani e del team, che seguì a quel valore, non fu tanto per la perdita di una vittoria che già ci si sentiva in tasca, quanto per l’assurdità dell’evento. L’accoppiata “Pantani” e “fuori norma” non era un’accoppiata possibile. Si parla subito di complotto ai danni di Marco Pantani. Arriva la disperazione di Marco, il non accettare la situazione, il cercare di capire perché lui, a chi potesse star scomodo, chi poteva volere Pantani fuori dai giochi. Le motivazioni che possono far pensare a un complotto sono diverse, prova determinante sono le “voci di corridoio” della sera prima che parlavano di un Pantani assente dalla partenza di Campiglio nella mattina successiva, proprio in quel 5 giugno. A quel valore fuori norma segue la richiesta di un nuovo prelievo per ripetere le analisi. La proposta viene rifiutata in quanto non consentita. Le analisi vengono ripetute sullo stesso campione di sangue e l’esito non poteva che essere identico. Il regolamento non prevedeva controanalisi diverse, grossa lacuna il prendere in considerazione solo un possibile errore meccanico e non un possibile “errore” umano. Le controanalisi vengono fatte perché si pensa che le macchine siano state tarate erroneamente e non si pensa che qualcuno poteva, anche non volutamente, alterare il campione di sangue. Pantani farà delle analisi in un centro esterno e questo non confermerà l’esito dei medici UCI, ma a quel punto nessuno gli crede. Pantani deve tornare a casa e non perché, come crede lui, è stato vittima di un complotto in quanto elemento scomodo, quanto per “preservare” la sua salute. Viene abbandonata la maglia rosa e ritirati alla cassa 15 giorni di squalifica. Le sue dichiarazioni all’uscita dell’hotel furono: “Credo che c’è qualcosa di strano, sono ripartito dopo dei grossi incidenti ma moralmente credo che questa volta abbiamo toccato il fondo”. Con una felpa grigia addosso, l’umore in tinta con l’abbigliamento e circondato da numerosi carabinieri, viene scortato fino all’auto, sale e se ne va. Con quella macchina se ne va il campione, l’uomo, lo sportivo, lo scalatore, colui che aveva permesso al ciclismo di avere risonanza internazionale, colui che aveva fatto battere all’impazzata i cuori dei tifosi e che aveva permesso di piangere di gioia ad ogni sua vittoria. Con quell’auto se ne va Marco Pantani e sfortunatamente, per chi ama il ciclismo, Marco Pantani non tornerà più. PANTANI QUELLA MATTINA SMETTE DI VIVERE E COMINCERÀ SOLO AD ESISTERE. La squadra rifiuta di presentarsi alla partenza della tappa; senza il Capitano non si va da nessuna parte. Savoldelli, secondo in classifica generale, diventato primo per l’esclusione di Pantani, rifiuta di indossare la maglia rosa, il falco non si vuole appropriare di roba che non si è guadagnato. Da quel giorno è un susseguirsi di interviste, articoli, dichiarazioni su giornali, quotidiani, riviste, internet e tv. Tutti contro uno, tutti contro Pantani. Sembra aver inizio la corsa al premio “chi gli fa più male”: accuse, etichette di dopato, a quel ciclista che non è stato mai trovato positivo, ci si inventa di tutto, più si facevano accuse e più ci si sentiva grandi. Grandi si saranno sentiti anche quei ciclisti che finalmente vedevano volare via l’ostacolo più difficile da superare. In molti si saranno fatte grasse risate, in molti avranno festeggiato, visto che le voci di corridoio della sera prima non erano poi così tanto infondate. Ed è tutto questo clima, questa sfiducia e questo etichettamento che gira intorno al pirata, che lo allontanano sempre più. Vane sono state le sue dichiarazioni, vani sono stati i tentativi di dialogo; Marco non ci stava, ancora una volta era la voce fuori dal coro, ancora una volta andava avanti con le sue idee anche se gli sarebbe costato meno accettare silenziosamente i 15 giorni di squalifica. Accettarli e tornare sulle strade come se nulla fosse successo nulla significava però far passare per reali le dichiarazioni fatte sulla sua persona e questo Marco non poteva accettarlo. Pantani non parteciperà al Tour ’99, il dolore dato dal 5 giugno e la sfiducia per quello sport che aveva sempre amato non lo aiutano a reagire. Il Tour de France sarà vinto da Lance Armstrong il quale affermerà che il vincitore sarebbe stato probabilmente diverso se avesse partecipato Marco Pantani. E su questo i tifosi non possono che dargli ragione. L’atmosfera amicale che aveva sempre regnato nella Mercatone Uno, nel 2000 sembra cambiare, Pantani non è più il Marco di una volta e il pensare che anche i suoi compagni lo vedono con un occhio diverso lo fa sentire un estraneo in quella che era la sua seconda casa. Le sensazioni in gara non sono eccezionali, ma quando mancavano le vittorie a far riempire il cuore, arrivano i suoi gesti a colmare quel vuoto. Sull’ Izoard Marco scatta più volte per fiaccare la resistenza dei maggiori rivali, ma vedendo il compagno Garzelli in difficoltà decide di aspettarlo e di rinunciare alla sua azione. Si mette a disposizione di Garzelli, gli passa anche le borracce che lui stesso era andato a prendere in ammiraglia, lo scorta fino ai piedi della salita che conduceva al traguardo, solo allora mette da parte il suo servizievole aiuto e corre verso il traguardo, ma ormai era tardi, arriva secondo a Briancon. In un dialogo confidenziale successivamente dirà: “oggi ho voluto far capire che il capitano ha bisogno dei suoi gregari, ma quando un gregario ha bisogno del capitano, il capitano è il primo che deve dimostrare di poter dare un aiuto”. Dopo 13 mesi e 8 giorni, Pantani è ancora su quell’oggetto che ha segnato tutta la sua vita e su quella sella che gli permetterà di scrivere un altro capolavoro ciclistico. Siamo sul Mont Ventoux, monte ventoso, e si toccano i 1700 m di altezza. La respirazione diventa più difficile ma, ne le asperità ne la respirazione difficoltosa, sembrano fermarlo. Continua a salire col proprio passo, dopo aver emozionato con una serie dei suoi scatti, supera Ullrich e Armstrong; quest’ultimo non se lo lascia scappare, ormai la sfida è tra i due. C’è intesa, oltre all’indiscussa rivalità, e i cambi sono regolari. La curva conclusiva vede Pantani tagliare il traguardo e mister Lance arrivare secondo in maglia gialla. Ma Pantani non ama molto tagliare il traguardo in compagnia di altri corridori e dovrà aspettare qualche giorno per potersi gustare uno dei suoi arrivi trionfali, bisognerà attendere Courchevel. All’attacco decisivo del Panta, Armstrong non risponde e arriverà con 5’ 34” di ritardo. Alla fine della gara il texano dichiarerà di aver sbagliato nel regalare la vittoria del Mont Ventoux perché quel giorno lui era superiore a Pantani, cosa che non poteva non dare fastidio a quest’ultimo che non si era mai fatto regalare nulla e si era sempre tutto guadagnato. Ai tifosi non può che nascere un sorriso se si ripensa all’opera di un Pantani con una preparazione di 23 giorni e un Armstrong che aveva puntato tutta la stagione sul Tour. Ancora una volta i confronti non reggono. Il Tour sarà abbandonato da Pantani poco dopo, per una forte crisi intestinale.
Alla fine dell’estate 2000, Pantani comincia a prepararsi per le Olimpiadi di Sidney. Si presenta a Roma per gli esami imposti dal CONI. Nonostante il valore dell’ematocrito fosse nella norma, variava a seconda del laboratorio di analisi. Alla vigilia delle Olimpiadi scoppia polemica tra il CONI e la Commissione scientifica e antidoping; quest’ultima evidenziava in una lettera confidenziale, che divenne però subito di dominio pubblico, l’anomalia su una variazione del tasso di ematocrito. Gimondi si schiera senza nessuna preoccupazione dalla parte di Pantani dichiarando che non gli era pervenuta nessuna comunicazione di valori preoccupanti su nessun suo atleta e che quindi sicuramente quelle anomalie non riguardavano Pantani; ancora più forte la presa di posizione del presidente dell’ Associazione corridori che parla di malafede di chi vuol mettere in cattiva luce atleti italiani anche davanti a dati evidenti, quali la negatività ai controlli medici disposti dal CONI. Ancora una volta per Pantani l’ambiente era soffocante, continuavano a nascere dichiarazioni negative infondate, cosa che lo fecero pentire di aver accettato la convocazione in nazionale facendogli perdere la serenità del vivere quell’importante evento. La gara olimpica fu un insuccesso per tutti gli italiani partecipanti, il percorso non sposava le caratteristiche di questi, ma anche in questo caso le maggior critiche furono fatte a Marco Pantani. La stagione del 2001 si apre con la partecipazione al Giro del Trentino, che sarebbe servita a Marco come preparazione al Giro D’Italia e soprattutto al Tour de France che voleva conquistare, specie dopo le vicende della stagione precedente. Proprio durante il Giro del Trentino arriva una notizia inaspettata: Leblanc, patron della Grande Boucle, chiude la porta in faccia a Marco Pantani e alla Mercatone Uno non permettendogli di partecipare. Un altro boccone difficile da mandare giù.
Le notizie che arrivano su Marco Pantani negli anni 2001 e 2002 sono poche, frammentarie e per nulla incoraggianti; si parla di depressione, si parla di uso di droghe. Pantani diventa, agli occhi dei più, invisibile. Ai tifosi non resta che sperare in un suo ritorno, in un ritorno di emozioni, di scatti, di vittorie. Rimarranno sempre vicini al proprio pirata; saranno sempre presenti sulle strade delle maggiori corse di stagione con uno striscione, con una maglia e portando i suoi colori lo inciteranno per un ritorno sulle strade. Quei tifosi rivedono il loro campionissimo al Giro d’Italia del 2003, invecchiato dal dolore, ingrassato dall’assenza di attività fisica e con gli occhi tristi di chi non sa più cosa sia la serenità, la gioia e il piacere della vita. Promette che in quel giro avrebbe regalato una delle sue imprese e il pirata mantiene sempre le promesse. Bisognerà attendere la tappa del Monte Zoncolan per rivedere quel Pantani che faceva mancare il fiato con i suoi scatti. Bastava poco per far gioire ancora una volta quei tifosi orfani del loro campione. Uno, due, tre scatti, Pantani c’era e tutti erano li a spingerlo virtualmente per non far mollare quell’omino che ancora una volta riusciva a far infuriare gli avversari, e in particolar modo in quella occasione la maglia rosa Simoni che non è riuscito a metter da parte la voglia di primeggiare. A un km dall’arrivo Pantani comincia a sentire il fiato mancare, a sentire la stanchezza e concluderà la tappa arrivando quinto ma avendo regalato una delle sue spettacolari imprese. Proprio su quel Monte con pendenze che toccavano anche il 22 proprio con quella impresa, mantenendo la promessa di una bella impresa, Marco Pantani si farà vedere in veste di ciclista per l’ultima volta. Sparisce nuovamente. Finisce la stagione sportiva. Arriva il nuovo anno, il 2004, e il nome di Marco Pantani riempie nuovamente le pagine dei giornali e i blocchi dei vari tg; è il 14 Febbraio, il giorno degli innamorati, e ancora una volta Marco Pantani, il pirata nazionale, l’uomo Mercatone, quello che ha fatto piangere di gioia chi ama il mondo del ciclismo e non solo, fa nuovamente scendere le lacrime sul volto della nazione intera, stavolta lacrime di dolore, stavolta per piangere la sua morte. Marco Pantani sarà ritrovato morto in una camera del residence Le Rose di Rimini, stroncato da un’overdose di cocaina. Se n’è andato e stavolta per sempre. Giunge la morte fisica dopo la morte psichica del 5 giugno ’99. Disperazione, sgomento, paura, dolore e vuoto, ecco cosa lascia a chi lo ha e continua ad amarlo, un immenso vuoto che rimarrà incolmabile.
Rossella Vilardi
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