junior alla pari

sabato 22 marzo 2008

Resurrezione!



di Mauro Marino

L’ho visto disteso. La panchina lo teneva a stento. Doveva essere alto, un fuso. Potevo guardargli le mani: dita lunghe, le nocche ben disegnate, le unghie col contorno nero di giorni confusi alla strada. Non doveva essere un fumatore, la pelle era bianca tesa. Porcellana, con quell’inquietante trasparenza che ti fa vedere dentro.
Sembrava morto.
Era come un cristo! Nel suo ‘passionato’ dormire. Un cristo d’adesso. Di quelli che predicano inconsolati, che portano la sapienza del sottrarsi, la testimonianza del poco nell’epoca del molto. Che abitano il margine col casseruolino in mano, con solo un cane a fianco. Eppure sorridono!
Non guardiamo, noi. Corriamo via. Una moneta, una battuta, lacera compassione mischiata al giudizio e l’interrogativo del perché!
Rifiutiamo comprendere, figurarci quel destino vicino, prossimo al nostro.
Figurarci che qualcosa, un segno, può venire a suonare l’allarme, a scuotere il nostro vuoto bene!
Non era Cristo quello che rovesciò la tavola dei mercanti, che nel Tempio andò contro il Tempo, contro la paura, contro l’invadenza del no?
Non era Cristo che fu tradito da chi gli somigliava?
Ce lo ripetono in questi giorni col regale celebrare la Bellezza del dove veniamo. La solitudine del Giusto, l’ingiuria, la derisione, la fustigazione, la croce, la morte, il sepolcro e l’inquietudine del buio, della perdita. Il pianto!
Un andare e venire di fedeli, le chiese aperte, le processioni e la meraviglia dei riti. Prepararsi ad accogliere la morte. Guardarla in faccia con l’intero suo carico: chi ha ucciso il Cristo? Chi è il colpevole? Noi stessi?!
Al lato la vita s’è trovato un rifugio, ha organizzato la mensa dei pochi. Balbettano, non hanno parole e come quell’Altro fanno segni col Corpo.
Quanta paura, quanta paura, sembrano dire, non vi rendete conto di ciò che accade.
Il baratro è dinnanzi. Ogni cercare è vano. Non vedete, non ci sono parole. Tutto suona già sentito, ripetono invano, inascoltati. Nessuna rivoluzione, nessun cambiamento. Nessuna Pasqua, nessun passare oltre, tralasciare come nel racconto della Decima Piaga, quando l'Angelo sterminatore o angelo della Morte vide il sangue dell'agnello del Pesach sulle porte delle case di Israele e “passò oltre”, senza uccidere il primogenito maschio.
Uno mi raccontava delle campagne più a Nord della città. Lì c’è il grande camino coi fumi, la semina delle polveri. E’ per l’energia! E già, l’energia. Motore del mondo.
Ma non era anche il carciofo energia? Non era energia anche la vite, l’uva, il vino? Quel lavorare attento: preparare i terreni al coltivare, le sapienze del fare confuse alla vita e la gioia, la povera gioia del raccogliere? Non era energia? Persa adesso, quella terra avvelena.
Non è nostalgia! Non è voler ciò che mai più potrà essere. Quell’innocenza, quel “non” che sapeva il limite, la pausa, il riposo e il godere. Non è nostalgia, speranza sì! Speranza!
D’una Pasqua! D’una resurrezione. D’una nuova vita! D’un costruire possibile!
C’è una sete di liberazione che non ha parole. Un rifiuto che non trova gambe, infastidito, deluso ed indeterminato. Anche i più convinti in fondo non sanno, non hanno negli occhi la luce della convinzione! C’è il desiderio di una moralità nuova per reagire ad “una amoralità da giungla ottusa, monocorde, data per eterna”.
L’esperienza non è più lineare e con una conclusione da destino obbligato: a questo destino ci si vuole ribellare, e si sa che, almeno in parte e tra mille difficoltà, ci si può ribellare.
Sta in questo la Pasqua!
Mi dice un altro: “alla emarginazione si può rispondere non solo in modo suicida (violenza, droga, follia) ma anche in modo attivo”.
Cercare nuovi rapporti e nuova logica nel vivere, nuova qualità comunicativa ed emotiva. Qui sta lo scarto, il risorgere al mondo!

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